di Peter Farrelly, Usa, 2018, 130′
con Viggo Mortensen, Mahershala Ali, Linda Cardellini, Sebastian Maniscalco, P.J. Byrne
New York City, 1962. Tony Vallelonga, detto Tony Lip, fa il buttafuori al Copacabana, ma il locale deve chiudere per due mesi a causa dei lavori di ristrutturazione. Tony ha moglie e due figli, e deve trovare il modo di sbarcare il lunario per quei due mesi. L'occasione buona si presenta nella forma del dottor Donald Shirley, un musicista che sta per partire per un tour di concerti con il suo trio attraverso gli Stati del Sud, dall'Iowa al Mississipi. Peccato che Shirley sia afroamericano, in un'epoca in cui la pelle nera non era benvenuta, soprattutto nel Sud degli Stati Uniti. E che Tony, italoamericano cresciuto con l'idea che i neri siano animali, abbia sviluppato verso di loro una buona dose di razzismo.
Green Book è basato sulla storia vera di Shirley, un virtuoso della musica classica, e del suo autista temporaneo nel loro viaggio attraverso il pregiudizio razziale e le reciproche differenze.
Filmtv.press. È noto, gli opposti si attraggono, vena d’oro del cinema. Quindi i colori si contaminano, si sporcano reciprocamente, inquinano il loro spettro e si mescolano. Green car: l’auto quale ecosistema in cui sconfiggere lo scetticismo e fare conoscenza, quindi sopravvivere a sé - al proprio timore, alla sfiducia, all’odio, alla prevedibilità - e sopravvivere al mondo, che i colori li vuole definiti, chiari, separati. In questo film così elementarmente, limpidamente, inevitabilmente hollywoodiano, la pelle resta diversa (l’una dall’altra), non si fa di tutta l’erba un fascio solo, le controversie non implicano un’intesa prescritta: eppure una convergenza è possibile; bussare alla porta di un’altra realtà, e perciò abdicare alla propria determinatezza isolata a favore di un’ipotesi democratica e civile e sentimentale, non vuol dire automaticamente cedere al conformismo, casomai è un tentativo - umano, e non deve spaventare - di adattamento, di abbandono della resistenza, di traduzione. (...) Due colori sono e saranno, ma in mezzo c’è, grazie al cielo, un solvente. E la commedia, il genere anarchico dove l’happy end è probabilmente soltanto un sogno, torna a dirci che il cinema (industriale o no, di massa o no, poco importa) serve anche a suggerirla, la realtà, non esclusivamente a presupporla. Green life: verde non come il denaro, non come il miglio, ma come uno spazio per la rifondazione della retorica dei sentimenti. Non c’è niente di male, a vedere verde.
Mymovies.it. La forza motrice di Green Book sono i due interpreti: Viggo Mortensen nei panni dell'italoamericano rozzo e refrattario alle regole, ma dotato di innati buon senso e buon cuore, e Mahershala Ali in quelli del musicista nero colto e misurato. E poiché la loro interazione deve portare ad una reciproca crescita, oltre che ad una reciproca comprensione, Tony Lip dovrà imparare dal suo passeggero che i piccoli imbrogli, le botte e le "stronzate" tengono quelli come lui ancorati al gradino più basso della scala sociale, così come Don Shirley dovrà riconnettersi con la sua "negritudo" e smettere di guardare le persone del suo colore come corpi estranei. Il 'Green Book' del titolo è una guida per automobilisti afroamericani, costretti a guidare solo su alcune strade e a soggiornare solo nei locali a loro assegnati, ma il film di Farrelly (che conta fra i produttori esecutivi anche Octavia Spencer) va a zig zag attraverso territori proibiti e consuetudini tacitamente accettate. Green Book è un vero spasso, un classico film americano da grande pubblico scritto, diretto e interpretato con tutti gli attributi, e anche ciò che potrebbe sembrare eccessivamente piacione nasconde invece una misura non trascurabile di coraggio e dignità.
Cineforum.it. In Green Book – il titolo deriva dal The Negro Motorist Green Book, la guida stradale che segnalava i (pochi) locali accoglienti nei confronti dei viaggiatori di colore – Peter Farrelly usa un tono lontano dalla comicità demenziale dei suoi grandi successi, ma l’abitudine alla commedia regala ritmo e ironia a un buddy movie che, ancorato alla verità storica da raccontare e alla necessità morale da ribadire, rischierebbe altrimenti un eccesso di retorica. E invece Green Book scivola via dolcemente, aggiungendo alle frizioni dei due improbabili compagni di viaggio un tocco di approfondimento psicologico, caricaturizzando personaggi e situazioni in maniera funzionale, riuscendo a moderare l’enfasi. Le dinamiche funzionano grazie all’interazione – un’attrazione tra opposti – dei due attori protagonisti: l’ingrassato Viggo Mortensen, logorroico e ciondolante, indolente e minaccioso, biascica il suo slang e occupa fisicamente l’inquadratura mentre Mahershala Ali tratteggia il suo personaggio con una fisicità ieratica, quasi astratta, raggiungendo momenti di intensità emotiva cesellati in levare.
il manifesto. Ogni luogo comune è ribaltato. Il nero non ha mai mangiato il Kentucky fried chicken, il bianco fuma, rutta, getta i rifiuti dal finestrino. Poi però quando arrivano a destinazione il pianista può andare solo in certi hotel, l’autista invece viene trattato da… bianco. (...) Gli interpreti, superbi. Mahershala Ali è davvero sublime nei panni dell’eccentrico talentuoso e ipercontrollato che con quella tournée vuole portare il suo personale contributo alla lotta per i diritti civili (per dare un’idea in quei luoghi qualche tempo prima il grande Nat King Cole era stato trascinato giù dal palco e massacrato di botte perché nero). Viggo Mortensen è altrettanto sublime nel dare corpo sovrappeso al suo personaggio sopra le righe, odioso e spontaneo (potendo entrambi andrebbero visti in originale). La tournée, vera, durò circa un anno, i due dopo le diffidenze iniziali diventarono, a modo loro, amici per una vita, sino a quando se ne sono andati uno dopo l’altro nel 2013. Tre Golden Globe e cinque nomination agli Oscar, non male.