di Ruben Ostlund, Svezia, Danimarca, USA, 2017, 141′
con Annica Liljeblad, Christopher Læssø, Claes Bang, Denise Wessman, Dominic West, Elisabeth Moss , Emelie Beckius, Henric Wassberg, Jan Lindwall, John Nordling, Linda Anborg, Marina Schiptjenko, Peter Diaz, Sarah Giercksky, Terry Notary
Christian è il curatore di un importante museo di arte contemporanea di Stoccolma. Una mattina, sulla strada per il lavoro, soccorre una donna in pericolo e si scopre derubato del telefono e del portafoglio. Al museo, intanto, lui e la sua squadra stanno lavorando all’inaugurazione di una mostra, che prevedere l’installazione dell’opera “The Square”: un quadrato delimitato da un perimetro luminoso all’interno del quale tutti hanno uguali diritti e doveri, un “santuario di fiducia e altruismo”. Su suggerimento di un collaboratore, Christian scrive una lettera in cui reclama i suoi averi rubati, innescando una serie di conseguenze che spingono la sua rispettabile ed elegante esistenza in una vertigine di caos.
Östlund riprende la riflessione, già presente in Forza maggiore, sulla difficoltà di agire realmente secondo i propri valori, ma la astrae da una condizione di emergenza, portandola nel quotidiano di un individuo di condizione privilegiata, che tende a rimandare i conti con chi non appartiene al suo milieu.
Mymovies.it. The Square non si può dire un film equilibrato: sfora nella lunghezza, sembra aprire sentieri e argomenti che non porta in fondo, però lo squilibrio è anche l’oggetto del discorso. Come l’arte che diviene arte anche in virtù della sua collocazione (si pensi al ready-made, l’oggetto comune traslato rispetto al suo contesto funzionale), così la vicenda di Christian è fatta di interruzioni imprevedibili del fuori contesto dentro il perimetro (che credeva chiuso e quadrato) della sua vita. Tic da sindrome di Tourette, che portano dentro l’inquadratura cinematografica di un film volutamente patinato, e di un mondo che fa della bellezza il suo credo, le immagini di mendicanti e povera gente, e mandano in cortocircuito eccesso e difetto, idealismo e cinismo, polpa e scheletro del film stesso.
Come l’oggetto dell’arte contemporanea, The Square è anche un film aperto all’interpretazione che il pubblico vorrà dare di lui, e questa, forse, è la sua caratteristica più preziosa.
RollingStone. Un quadrato, un’utopia di solidarietà e altruismo, l’arte che nobilita l’uomo e l’uomo che, in grado di apprezzarla per risorse culturali ed economiche, si sente nobilitato. E quindi, di fatto, superiore. The Square è un’opera d’arte dentro un’opera d’arte, è un museo in cui sono esposte opere d’arte ma allo stesso tempo archetipi quotidiani moderni: dal direttore giovane, brillante e radical chic (Claes Bang, eccezionale) ai social media manager spregiudicati, dal potere in frac a quell’arte contemporanea che è sempre al limite della disonestà intellettuale e creativa ma anche capace, nel suo essere spuria, di intervenire nel dibattito politico, etico, morale con una forza spesso lacerante, di essere eversiva nei confronti delle ipocrisie dei benestanti benpensanti.
Östlund alza l’asticella della sfida: se in Forza maggiore metteva un nucleo familiare di fronte a una valanga, reale e metaforica, che li travolgeva, qui il fattore scatenante è un banalissimo furto che induce il protagonista, esempio di una certa apparente perfezione da salotto, a tirar fuori la “bestia”, quella voglia ancestrale di prevalere e sanare il torto subito con una vendetta spropositata. Ne nasce un percorso narrativo kafkiano dove rispetto all’assurdo dell’ironia feroce di eventi e reazioni dell’opera precedente, si fa largo una dialettica più profonda tra ciò che si è e ciò che si pretende di essere, tra gli obblighi di chi vuole essere un giusto e ciò che si ritiene giusto, tra l’arte che si prende ogni tipo di libertà, ma poi non è capace di sopportarla quando questa gli si rivolta contro.
Quinlan.it. Rifacendosi all’antropologia della contemporaneità e ai nonluoghi teorizzati da Marc Augé, The Square ci parla di una società abitata da automi che sanno muoversi insieme solo per fiondarsi su un buffet e dove i luoghi pubblici hanno perso ogni significato aggregante. Una società talmente narcisista che non riesce nemmeno più a liberarsi dalle sue scorie: dalla spazzatura domestica a un preservativo usato, tutto ciò che è espressione dell’io assurge oramai a feticcio e in alcuni casi anche ad arte (si veda ad esempio nel film, l’installazione composta di ceneri umane dal titolo You Have Nothing).
Estremamente inventivo e ricco di un sapido humour, The Square solletica l’intelletto e il basso ventre, inscena gag slapstick e dialoghi brillanti, raggiungendo momenti di pura comicità. Si ride parecchio nel corso del film, ma emerge anche netta la sensazione che sia sin troppo facile parodiare l’arte contemporanea, di fronte alla quale spesso lo spettatore reagisce già da solo (senza dunque l’aiuto di Östlund) con un sorriso beffardo e un’alzata di spalle. E alla fine dei giochi questo tipo di reazione la si può estendere anche a The Square, un film la cui fermezza nel perseguire la sua missione fustigatoria e moralizzante a lungo andare lascia il tempo che trova.