di Jasmila Zbanic, Bosnia-Herzegovina, Austria, Romania, Paesi Bassi, Germania, Polonia, Francia, Norvegia, 2020, 103′
con Boris Isakovic, Boris Ler, Dino Bajrovic, Edita Malovcic, Emir Hadžihafizbegović, Izudin Bajrovic, Jasna Djuričić, Johan Heldenbergh, Raymond Thiry.
Bosnia, luglio 1995. Aida è un’interprete che lavora con l’Organizzazione delle Nazioni Unite nella cittadina di Srebrenica. Quando l’esercito serbo occupa la città, la sua famiglia è tra le migliaia di cittadini che cercano rifugio nell’accampamento delle Nazioni Unite. Come persona informata sulle trattative, Aida ha accesso a informazioni cruciali per le quali è richiesto il suo ruolo di interprete. Cosa si profila all’orizzonte per la sua famiglia e la sua gente? La salvezza o la morte? Quali passi dovrà intraprendere?
MyMovies - Prendendo spunto dalla vicenda realmente accaduta al traduttore Hasan Nuhanovic, Zbanic costruisce su un onnipresente personaggio femminile un dramma incalzante, che attraversa la tragedia e la ricostruzione storica con la medesima attitudine e con il medesimo sguardo. Quello di Aida – su cui Zbanic incolla la macchina da presa – che con la sua fermezza e lucidità di madre e di insegnante, di moglie e di guida, sembra non smarrire mai il controllo in una situazione apparentemente ingestibile.
Quinlan.it - La regista bosniaca Jasmila Žbanic (Orso d’Oro 2006 per Il segreto di Esma) affronta la sfida insidiosa di ripercorrere i passaggi che portarono alla più grande strage avvenuta in Europa dal secondo dopoguerra, quella di Srebrenica del luglio del 1995. Il risultato è Quo Vadis, Aida? in Concorso alla Mostra di Venezia. Un film implacabile, sobrio, privo di retorica, classico, poco appariscente, ficcante, dolorosissimo. (...) È inevitabile che Quo Vadis, Aida? termini un po’ più in là, a guerra finita, ponendo l’inquietante domanda non solo di come sia stato possibile ma sopratutto di come sia possibile continuare e continuare a persistere, a restare (al mondo, gli uni con gli altri, ancora e ancora). Nel film non vediamo immagini di morte. Ma immagini di bambini ignari, a scuola, con la straniante sensazione che l’umanità ricominci sempre da capo, di nuovo, da zero. A vivere, a conoscere, a raccontare, a non imparare, a sbagliare…
Internazionale.it - Appassionante e trascinante senza furberie, il film interroga le nostre bugie e i nostri silenzi, non solo quelli serbi e bosniaci, ma anche quelli dell’opinione pubblica, della comunità internazionale. In altre parole, tutto è in campo perché tutto è fuori campo. Fino al finale nell’oggi dove alcuni bambini, in una rappresentazione teatrale seguendo i fili dell’invisibile, mimano la necessità di saper volare con la mente e di aprire gli occhi dopo averli chiusi. Come dopo una violenta litigata per una sbronza, nessuno sembra più capire il perché di quell’odio, di quella crudeltà insensata e tutti sembrano vergognarsi e voler rimuovere i fatti.