di Asghar Farhadi, Francia, 2020, 127′
con Sarina Farhadi, Amir Jadidi, Mohsen Tanabandeh, Fereshteh Sadre Orafaiy, Sahar Goldust.
Rahim Soltani ha contratto un debito che non può onorare. Per questa ragione sconta da tre anni la pena in carcere. Separato dalla moglie, che gli ha lasciato la custodia del figlio, sogna un futuro con Farkhondeh, la nuova compagna che trova accidentalmente una borsa piena d'oro. Oro provvidenziale con cui 'rimborsare' il suo creditore. Rahim pensa di venderlo ma poi decide di restituirlo con un annuncio. Rahim diventa improvvisamente oggetto dell'attenzione dei media e del pubblico. Ma l'occasione di riabilitare il suo nome, e di provare la sua buona fede gli si ritorcerà contro.
Quinlan.it - L’eroismo è un gesto nobile quanto inutile, sembra suggerire Farhadi. Inutile perché impercepibile in una società dell’immagine che ha un’altra idea dell’eroismo, e della sua rappresentazione iconica. In questo senso il film acquista un’aura quasi western, dove la disputa tra scelta morale e scelta di legge è uno degli archetipi narrativi: la wilderness è l’Iran stesso, la società civile. La prigione è in qualche modo il rifugio, il non-luogo in cui trovare una dimensione anonima, unica speranza di vita priva di preoccupazioni.
Cineforum.it - Lo sguardo di Farhadi osserva tutto con lucida distanza, guarda Rahim (sempre con la stessa espressione dimessa) e gli altri personaggi salire, scendere, entrare, uscire, cercare, litigare, aiutarsi, picchiarsi, commuoversi; tutto sembra succedere davanti ai nostri occhi ma non sappiamo più niente, davvero. I piani si moltiplicato e con loro gli interrogativi morali. Solo i bambini che non giudicano e non si esprimono sembrano testimoni sopra le parti, sempre in secondo piano, sul fondo dell’inquadratura, osservano e ascoltano, stanno lì per venire sospinti in avanti dagli adulti al momento del bisogno e fare la loro parte. Cosa staranno pensando davvero? Farhadi torna dunque a casa e torna al suo cinema e ritrova la sua posizione davanti alle cose centrando il suo sguardo sui dilemmi morali che da sempre lo interessano.
Sentieriselvaggi.it - con Un eroe, Gran Premio della Giuria a Cannes 74, Asghar Fahradi torna a girare in Iran e insiste sul suo cinema in cerca di una conciliazione impossibile tra i suoi personaggi vessati da eventi che li sovrastano e la realtà nella quale agiscono. L’impianto è come sempre costruito su dinamiche narrative occluse, che imprigionano i protagonisti e li costringono a fare i conti non tanto con le loro coscienze (cosa dalla quale non rifuggono mai), quanto con lo scenario complessivo in cui si muovono.