di Alberto Valtellina e Paolo Vitali, Italia, 2021, 45′
con Barbara Lussana, Guido Tacchini, Elena Depetroni, Stefania Moreni, Giuliana Duret, Rita Mantovani, Ileana Maria Paloschi, Battista Panseri, Mariateresa Fornoni, Angelo Sangalli, Lita Gatti, Anna Maria Gritti, Mario Pizzi, Caterina Arrigoni, Franco Mancini, Maria Buscieti, Ilario Latassa, Angelo Paolo Vavassori, Sabina Romeo, Ombretta Bulla, Milena Soli, Michael Mandile, Tiziana Vecchi, Daria Tonzig, Nicola Buttarelli
Il dirigente, gli insegnanti e gli assistenti del Liceo Mascheroni di Bergamo hanno passato l'estate 2020 a riorganizzare gli spazi e ridefinire gli accessi per rendere possibile il regolare svolgimento del nuovo anno scolastico. A fine ottobre, con la nuova ondata pandemica, come tutte le altre scuole secondarie superiori, l'istituto è costretto a chiudere e a riavviare la cosiddetta “Didattica a distanza”: l’accesso all’edificio scolastico viene limitato ai soli docenti. Il film documenta quel momento, il più estremo e drammatico dell’anno scolastico, quando i ragazzi sono costretti a casa e gli insegnanti fanno didattica nelle aule deserte. Ne emerge un ritratto inedito, che testimonia di una comunità scolastica provata, sospesa tra angoscia e speranze, umorismo e malinconia, rassegnazione e voglia di reagire. Per continuare a tenere in vita un’idea di scuola e dare un senso alla solitudine e allo strazio delle aule vuote.
Ospiti in sala: i registi e il prof. Raffaele Mantegazza, docente di pedagogia all’Università di Milano Bicocca.
LA SCUOLA NON È SECONDARIA: un endorsement
Raffaele Mantegazza, docente di pedagogia all’Università di Milano Bicocca, ha visto il film in anteprima, scrive direttamente al dirigente scolastico: «Gentilissimo Dirigente, buongiorno, Lei non mi conosce, sono un pedagogista, e ho avuto modo di vedere in anteprima il film La scuola non è secondaria girato all'interno della vostra scuola. Non posso fare a meno di evidenziare la straordinaria bellezza (non trovo altra parola) dei vostri insegnanti, così tenaci e resistenti nell'impresa amorevole di stare con i loro ragazzi e di portare loro la cultura e l'educazione come immenso dono in questo buio. Credo davvero che questo film andrebbe mostrato a tutti i cittadini italiani perché le belle persone che vi appaiono, filmate nella quotidianità della loro sofferenza ma anche del loro profondo amore per i ragazzi, possano essere viste e apprezzate da tutti nella passione che anima il nostro lavoro. Il film è la dimostrazione di cosa potrebbe essere un'Italia senza scuola: desolante paesaggio da "Day After" apocalittico».
NOTA DI REGIA: Io e Carlo Valtellina, che ha curato la fotografia del film, abbiamo avuto la possibilità di entrare con la macchina da presa nelle aule vuote, con il solo docente impegnato nella lezione Dad, abbiamo posato semplicemente la macchina da presa sul treppiede, cercando l’inquadratura adatta, registrato immagini e suono in diversi spazi della scuola, nei corridoi, nei cortili...
L’architettura del Liceo si presta a un racconto da Deserto dei Tartari, costruita con uno strano dialogo tra gli edifici storici e gli inserti recenti. In fase di montaggio abbiamo costruito, con Paolo, il film che ha la durata di una lezione Dad: 45 minuti.
«La scuola non è secondaria è un piccolo gioiello. Semplice, non chiassoso, brilla per sobrietà. Non denuncia, non proclama. Racconta con poche parole, in perfetto equilibrio con i silenzi, e guarda con eleganza (la fotografia è davvero notevole) un tempo di normale eccezionalità. Guarda senza aggredire l’oggetto, e nella sua modestia riesce a far parlare gli ambienti, gli insegnanti, la bidella, e pure a dare forma agli assenti. Gli studenti, certo, ma anche lo spettatore, che si ritroverà nell’esperienza perduta: chi nell’insegnante di matematica, chi in quella di storia dell’arte (“su, dai, geriatria!”), di latino, di scienze. Tutti forse, anche senza rendersene conto, ci ritroviamo nello studente che non c’è, forse è in bagno, forse si è imboscato, e che proprio per questo è il protagonista di questo tempo, di questo spazio» (Fabio Cleto, docente di Storia culturale e Letteratura inglese all’Università di Bergamo)