di Pietro Marcello, Italia, 2019, 129′
con Luca Marinelli, Jessica Cressy, Vincenzo Nemolato, Marco Leonardi, Denise Sardisco. «continua Carmen Pommella, Autilia Ranieri, Elisabetta Valgoi, Pietro Ragusa, Savino Paparella, Vincenza Modica, Carlo Cecchi, Anna Patierno, Gaetano Bruno, Aniello Arena
Martin Eden è un marinaio di Napoli con una grande fame di vita e un coraggio incontestabile. Per aver salvato Arturo Orsini da un violento pestaggio, Martin viene accolto con riconoscenza dalla famiglia del ragazzo e presentato alla sorella Elena. È amore a prima vista, e il desiderio di "essere degno" di Elena spinge Martin a istruirsi (anzi, per usare le sue parole di marinaio fermo alla licenza elementare, di "impararsi") facendo tutto da solo, leggendo voracemente e assorbendo, con la sua grande intelligenza naturale, ogni dettaglio di ogni disciplina affrontata. Emerge così il suo talento più profondo: quello per la scrittura. Ma la scrittura, almeno inizialmente, non paga, perché gli sforzi letterari di Martin vengono rifiutati dalle redazioni che respingono ogni suo saggio, racconto o poesia, troppo nuovi e diversi per i gusti standardizzati. E per Elena e la sua famiglia borghese la mancanza di una "posizione" è un problema, o meglio, una pecca imperdonabile.
Liberamente ispirato al romanzo più celebre dello scrittore americano Jack London, il Martin Eden di Pietro Marcello sposta l'azione da Oackland a Napoli, stratificando ulteriormente una vicenda che già nella narrazione originale mostrava infiniti livelli di lettura.
quinlan.it - Martin Eden di Jack London è uno dei libri più illuminanti che si possano leggere per mettere a fuoco le dinamiche sociali del Novecento: il fatto che sia stato pubblicato nel 1909 non fa che rendere ancora più stupefacente la brillantezza dello scrittore statunitense (e socialista) nel dissezionare le strutture del suo/nostro tempo e dimostrare quanto questo fluviale romanzo possieda un’universalità ancor oggi folgorante. Le traiettorie fondamentali su cui si sviluppano ascesa e caduta del protagonista sono infatti i pilastri della società borghese individualista e positivista che a cavallo dell’Ottocento e del Novecento stava apparecchiando la sua teoresi più pregnante, ideologica e duratura. Pietro Marcello, realizzando un film “liberamente tratto” dal libro di London ne coglie pienamente l’essenza e la modernità nonostante trasli l’azione dalla San Francisco dell’inizio del XX secolo a una Napoli in cui il tempo si rimescola senza sosta. Oltre al fatto che gli accadimenti salienti del libro sono riproposti dalla sceneggiatura (scritta dal regista assieme all’ottimo Maurizio Braucci), il nome del protagonista, incongruo per un italiano, resta identico: Martin Eden, cui dà massiccio corpo e abbacinato volto l’iconico Luca Marinelli, è il proletario che vuole con determinazione affermarsi in una società che, senza il suo gesto superomistico, lo porrebbe automaticamente tra gli esclusi, i popolani. Un volto nella massa. Ma il tempo dell’individuo è giunto e anche il marginale Martin può aspirare a essere qualcuno e addirittura a piegare la solidità del mondo dinnanzi alla sua singolarità.
Mymovies.it - Marcello intercala alle scene di finzione, ambientate durante i primi dell'Ottocento, materiali di repertorio tratti da numerosi archivi (uno almeno, quello dei due bambini che ballano, già visto al cinema) in epoche diverse, con grande libertà di movimento e la capacità di giustapporre le vicende narrate da London alla condizione sempiterna di una Napoli insopprimibilmente vitale anche a fronte di condizioni economiche punitive. (...) Marcello manovra con spregiudicatezza la cinepresa inseguendo le peripezie di un autore incompreso, e si prende continue libertà registiche nella forma sincopata della narrazione, che sceglie gli eventi salienti e li allinea con la frenesia che àgita il protagonista, senza preoccuparsi di fornire spiegazioni che aiutino lo spettatore nel seguire la trama.
Cineforum.it - La storia di un uomo che crede solo nel proprio essere uomo (individuo, in lotta con un mondo ingiusto e spietato). Che pensa di potersi “salvare” grazie all'amore e alla scrittura. Che finisce per naufragare nelle proprie illusioni, le idealizzazioni (lei, la scrittura, la realtà), nell'incapacità di andare oltre se stesso, degenerata in un male di vivere che è un feroce disincanto, l'atroce consapevolezza di una strada senza uscita.
Questo è, tra le (tante) altre cose, il Martin Eden di Jack London. E questo è in parte anche il Martin Eden di Pietro Marcello, un dramma esistenziale costruito sulla fame di vedere e capire del protagonista (destinata a consumarsi tragicamente), un romanzo (anti)borghese che celebra «la colossale mediocrità senza amore della borghesia» (parole di London). Se non fosse che il film di Marcello è punteggiato da immagini e materiale d'archivio, da evocazioni e ricostruzioni in bianco e nero di un'epoca, anzi un secolo, il Novecento, attraversato in libertà. Tanto che si ha l'impressione che il film non racconti solo un uomo e i suoi tormenti, ma lo “spirito del secolo” (che è arrivato, che verrà), la sua ansia di libertà e le sue nevrosi, la lotta di classe e i suoi limiti (masse di uomini destinate a passare da un padrone all'altro, da una finta democrazia a una finta rivoluzione), l'ossessione della competizione e dell'affermazione personale, la conoscenza come strumento di emancipazione e l'equivoco della cultura di massa...