di Jim Jarmush, Usa, Irlanda, Francia, 2025, 110′
con Adam Driver, Cate Blanchett, Charlotte Rampling, Françoise Lebrun, Indya Moore, Luka Sabbat, Mayim Bialik, Sarah Greene, Tom Waits, Vicky Krieps
Father Mother Sister Brother è un lungometraggio, seppur attentamente costruito in forma di trittico. Tre storie che raccontano le relazioni tra figli adulti e genitori piuttosto distanti, e tra fratelli. Ognuna delle tre parti è ambientata nel presente e ciascuna si svolge in un paese diverso. Father è ambientato nel nord-est degli Stati Uniti, Mother a Dublino, e Sister Brother a Parigi. Una serie di ritratti intimi, osservati senza esprimere giudizi, in cui la commedia è attraversata da sottili momenti di malinconia.
SentieriSelvaggi.it - Opera unica ma tripartita, trittico quadro famigliare con le sue dinamiche. Relazioni tra adulti, vissute nel presente, da concepire in una sola dimensione temporale, in tre luoghi del mondo diversi. La commedia si fa “appunto” antico e strutturato, con le tipiche progressioni armoniche del cinema di Jim Jarmusch, in cui si espandono quelle magiche “note abbassate” che evocano malinconia e lotta, felicemente invischiate, intervallate, in un più complesso e virtuosistico genere, fatto di improvvisazioni e ritmi più sincopati. Insomma, l’ineguagliabile spartito del regista ci lascia fluttuare ancora una volta nel guado tra nostalgia e malinconia, così che il desiderio per il passato lasci il passo ad una più vaga, quanto magica, tristezza, legata ad una perdita indefinita o a quell’insostenibile senso di insoddisfazione esistenziale.
Cineforum.it - Mai come in questo caso (e in qualche modo molto vicino all'ultimo Petzold), Jarmusch dimostra come il cinema sia soprattutto una questione di spazio e di tempo – lo spazio delle inquadrature, che nei primi due episodi sono celibi e nel terzo ripetute o sdoppiate, e il tempo di un dialogo, un’ellissi, un piano fisso o una sequenza in slow motion ripetuta – e dunque di montaggio, ritmo, incastri che ripetono e cambi che risolvono, alla maniera del cinema classico, ma dentro le forme di un minimalismo poetico che in Paterson ha avuto il suo manifesto e ora, con questo suo piccolo, splendido e commovente film, il suo romanzo familiare.
MyMovies.it - Nessuno dei personaggi di questo universo dice la verità fino in fondo - i silenzi fanno parte del copione tanto quanto i dialoghi - e tutti sono impegnati a ricoprire il ruolo loro assegnato in famiglia, probabilmente da sempre, come capita ad ognuno di noi. E la Desolandia è il mondo in cui si ritrovano, che come sempre in Jarmusch è "più strano del paradiso" senza però essere davvero un inferno: un mondo di "broken flowers" che nonostante tutto continuano a fiorire, sopravvivendo come ultimi reciproci vampiri, più ostinatamente vivi che "morti che non muoiono".
Quinlan.it - Certo, si respira di quando in quando sia l’acredine di una cattiveria strisciante e sardonica – in particolar modo nell’episodio iniziale, grazie anche e soprattutto a un luciferino Tom Waits – che la dolcezza che da sempre contraddistinguono le due anime del regista, ma l’impressione è che ci si senta sempre troppo al sicuro, come se in fondo non si sentisse davvero l’urgenza di confrontarsi con il mondo esterno. Ma in fin dei conti può andare bene anche così, perché se è vero che il fan duro e puro di Jarmusch rintraccerà nei tre segmenti tutto o quasi ciò che ama del suo idolo, è altrettanto vero che un’opera come Father Mother Sister Brother riecheggia di epoche lontane e oramai perdute, quando fuori dalla schiatta mainstream di Hollywood ci si imbatteva in registi che si sapevano muovere in direzione ostinata e contraria rispetto alla marea montante. Ere geologiche fa, ma che fa bene potersi ancora ricordare di aver vissuto.