di Wolfgang Fisher, Germania, Austria, 2018, 94′
con Susanne Wolff, Gedion Wekesa Oduor, Alexander Beyer, Inga Birkenfeld
Una dottoressa decide di prendersi una pausa dal lavoro e di salpare in solitaria sulla sua barca a vela da Gibilterra ad un’isola incontaminata nell’Oceano Pacifico. Il suo viaggio sembra scorrere serenamente finché, dopo una brutta tempesta, si imbatte in un peschereccio arenato pieno di profughi africani in grave difficoltà. Alcuni di loro provano a raggiungerla, ma solo un giovane ragazzo ce la fa. Insieme cercano di chiamare i soccorsi che tardano ad arrivare, mentre la situazione si fa sempre più drammatica. La donna si troverà quindi ad un bivio: provare ad aiutare gli uomini e le donne bloccati sull’imbarcazione oppure farsi da parte ed aspettare aiuti adeguati.
Mymovies.it. Fino a metà del film di Wolfgang Fischer non si capisce bene cosa voglia simboleggiare questo viaggio solitario in mare. Le immagini sono affascinanti e l’assenza di dialoghi aumenta le suggestioni di questa sfida alla natura incontaminata; ma un’avventura così estrema sembra essere destinata a celare qualcosa di più profondo. Ed infatti così è.
L’incontro con la barca alla deriva dei profughi fa scattare un meccanismo narrativo in cui entrano in conflitto umanità, sopravvivenza, giustizia e solidarietà. E se in una situazione di soccorso organizzato queste tematiche emergono comunque inevitabilmente, lo fanno con più potenza se ad essere coinvolta è la coscienza di un solo individuo.
Filmtv.press. Non è un survival movie: lei cerca una natura addomesticata, un esotismo di facciata - l’isola Ascensione, dove a fine Ottocento un allievo di Darwin impiantò una giungla artificiale - e incappa nell’altra faccia del positivismo europeo, sotto forma di barcone carico di migranti. Styx è lo Stige, il fiume che scorre negli inferi della mitologia classica, e infernali sono le acque di quest’oceano fatto di scaglie plumbee, affilate dalla fotografia digitale nitidissima, immensamente vaste e al contempo claustrofobiche. Non un survival movie, si diceva, ma un funny game acquatico impegnato, un dilemma tra prigionieri dell’oceano - uccidere e lasciar morire sono la stessa cosa? -, un esame di coscienza collettivo di colonizzatori e colonizzati.