di Eileen Byrne, Lussemburgo, Italia, Austria, 2024, 87′
con Luna Wedler, Edgar Selge, Willie Vonnemann, Martin Abram, Anna Stieblich
In profonda crisi per la perdita del fratello Tim, Paula (LUNA WEDLER) sente che la sua voglia di vivere si è spenta. Una notte incontra l‘anziano brontolone Helmut (EDGAR SELGE), che sta portando l’urna della moglie in Italia, e quasi per caso decide di seguirlo. Per i due è l’inizio di un viaggio on the road insieme verso Trieste, dove Paula potrà finalmente sentirsi di nuovo vicina a Tim. Durante il percorso, nasce un’inaspettata amicizia con Helmut, e per la ragazza una rinnovata gioia di vivere.
Una conversazione con la regista e sceneggiatrice Eileen Byrne (dal pressbook del film)
Il road-movie ha una lunga tradizione nella storia del cinema perché il viaggio esteriore riflette sempre il viaggio interiore dell’eroe e consente quindi di visualizzare ciò che accade interiormente. Due personaggi che non si sopportano, ma che sono legati insieme in un veicolo hanno sempre un potenziale comico e drammatico. Ciò che rende speciale LA FOSSA DELLE MARIANNE è che la protagonista Paula, che si trova in una sorta di paralisi interiore dopo la morte del fratello, è costretta a muoversi. La vita è movimento e chi non si muove rischia di
morire dentro. Il viaggio verso l’Alto Adige, verso le montagne, corre parallelo anche al suo risveglio dallo stallo, simboleggiato dalla Fossa delle Marianne, in cui è precipitata a causa del dolore. Quindi è un viaggio di ritorno alla vita.
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Non credo che i film possano rivelarsi ciò che avevi in mente all’inizio. Almeno per me non funziona così. La bellezza di un film è che è narrato in più fasi, a volte anche ripetute. Si adatta ai temi che trovi, agli attori che scegli, agli eventi imprevisti che accadono durante la preparazione o sul set. E il cinema è sempre un lavoro di squadra. È raccontato dallo sceneggiatore, dal regista, dal montatore, dal musicista, dal tecnico del suono, ecc. Accolgo con favore ogni idea e ogni nuova prospettiva che ricevo da cast artistico e tecnico. Ciò che ho in testa è una versione del film, ma non è necessariamente la migliore. Sono semplicemente orgogliosa del nostro lavoro. È il mio primo lungometraggio ed è la migliore versione che potessi realizzare in quel momento, anche grazie al contributo di molte altre persone. Ed è una sensazione fantastica.
Mymovies.it - Nella tragicommedia di Eileen Byrne l'incontro con l'altro viene così raccontato come l'antidoto che consente di superare momenti di profonda depressione e forte smarrimento. Non importa se questo incontro non è sempre rosa e fiori; se è fatto di litigi e avvicinamenti, incomprensioni e riconciliazioni. Incontrare l'altro, in qualsiasi forma e modalità, significa scoprire qualcosa di nuovo anche su sé stessi, acquisire consapevolezze inedite, ridimensionare il proprio dolore avvicinandosi a quello altrui; scoprire, soprattutto, che è comunque possibile continuare a vivere e andare avanti.
Per portare sullo schermo questo percorso condiviso di elaborazione del lutto, Byrne decide di mescolare dramma e commedia, alternando con sapienza scene rocambolesche e al limite dell'assurdo, a momenti di maggior serietà e carica emotiva.
FilmTv - L’opera esplora il dolore del lutto, il senso di colpa e la paura dell’oblio, ma lo fa senza mai scadere nel melodramma. Il tono tragicomico si manifesta in situazioni surreali, come il confronto tra Helmut e un gruppo di nudisti mentre sparge le ceneri della moglie, o le schermaglie verbali tra i due protagonisti, che danno vita a momenti di brillante ironia.
Il viaggio di Paula e Helmut diventa metafora del superamento del dolore: la strada percorsa non è solo un tragitto verso una destinazione fisica, ma un cammino interiore verso la guarigione. Il contrasto tra l’immobilismo emotivo iniziale e il movimento costante del viaggio simboleggia la necessità di andare avanti, anche quando sembra impossibile.
Eileen Byrne dimostra una straordinaria sensibilità nel trattare il tema del lutto, bilanciando momenti di profonda tristezza con altri di sorprendente umorismo. La sua regia è discreta, ma efficace: le inquadrature intime mettono in risalto le espressioni dei protagonisti, mentre i paesaggi mozzafiato lungo il viaggio enfatizzano il contrasto tra la bellezza del mondo e il dolore interiore dei personaggi.
La fossa delle Marianne non è semplicemente un film sulla morte, ma un’opera che celebra la vita, l’importanza dei legami umani e la possibilità di rinascere dopo una perdita.