di Alessio Rigo de Righi, Matteo Zoppis, Italia, Usa, 2025, 116′
con Alessandro Borghi, Gabriele Silli, Gianni Garko, John C. Reilly, Mirko Artuso, Nadia Tereszkiewicz, Peter Lanzani
Bill Cody, detto Buffalo Bill, è arrivato nell'Italia da poco unita come star del Wild West Show, in cui ricostruisce (a modo suo) la storia della conquista della frontiera e della sconfitta dei nativi americani. Si ritiene innanzitutto un cantastorie, e forse ha appena trovato il nuovo racconto di avventura da immortalare sul suo taccuino: la fuga di Santino, un buttero che ha appena sconfitto lo stesso team di Buffalo Bill in un rodeo improvvisato, insieme a Rosa, moglie del possidente locale che Santino - così dicono - ha ucciso, e che riteneva che la nazione appena costruita dovesse essere "tenuta insieme con armi e ferrovie". E Cody inseguirà Santino più per raccontarne l'avventura che per acquisire la taglia messa sulla sua testa dal padre del possidente defunto.
Il nostro film nasce da una passione profonda per le ballate popolari, le leggende tramandate oralmente e i racconti che da bambini ci venivano narrati come se fossero verità. Storie tramandate di bocca in bocca, come le leggende di frontiera, dove la verità è sempre incerta e si trasforma, diventando mito. Con Testa o Croce? abbiamo messo in scena una ballata western ambientata in Italia, un anti-western che parte da premesse classiche (il cowboy, il duello, la fuga) per poi trasformarsi gradualmente in qualcosa di più magico e surreale. L’intento era rompere le convenzioni del genere, reinterpretandolo in chiave italiana e contemporanea.
(...) I western sono sempre stati uno specchio attraverso cui scorgere il contesto socioculturale in cui sono stati realizzati, e questa è la nostra opportunità per fare un film che parli attraverso il genere del mondo in cui viviamo: un mondo di false apparenze, individualista, surreale, spesso ostile e malvagio, dove l’unico sentiero verso la redenzione è l’amore.
Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis
FilmTv - La suddivisione in capitoli dà ritmo e struttura a un film che vuole mostrarsi come racconto orale, epico e manipolabile. Ogni sezione ha una propria atmosfera, anche visiva: grazie all’alternanza di pellicola 35mm, Super16 e digitale, la fotografia di Simone D’Arcangelo traduce i diversi stati d’animo in texture visive. Si passa dal mito al sogno, dall’incubo alla cronaca.
La scelta dei luoghi, tra Lazio e Maremma, sottolinea lo scarto tra reale e immaginario. È un’Italia che sembra lontanissima nel tempo, ma è anche riconoscibile nel suo fango, nella sua ingiustizia, nei suoi rapporti di potere.
Il film Testa o croce? non dà risposte nette. Anzi, disorienta. È un film che racconta l’illusione del racconto stesso, che mette in scena la frattura tra ciò che si vede e ciò che si crede. È un western che non porta redenzione, ma solo consapevolezza.
E forse è proprio questa la sua scelta più radicale: costruire un mito per mostrarne la crepa. Lasciare che sia lo spettatore, alla fine, a decidere se la moneta sia caduta su testa, croce, o se sia rimasta sospesa in aria, come una promessa mai mantenuta.
Internazionale - In questa parabola morale sulla verità e (le molteplici) bugie della Storia con la S maiuscola e sulle (micro)storie, i due cineasti, grandi amanti del racconto orale, filmano quel piccolo mondo locale, a metà tra etnologia e documentario storico che avevano messo al centro del loro cortometraggio, poi del loro lavoro documentario e infine del lungometraggio d’esordio, Re Granchio, che aveva una prima parte, dolce, nella campagna della Tuscia viterbese e una seconda, aspra, un western degli antipodi alla Werner Herzog. Ma qui la seconda parte è sia aspra sia dolcemente surreale e sognante. E sempre ambientata in Italia.
Testa o croce? in verità è il perfetto paradigma di un cinema di autori che più parlano del particolare, del locale, e più lavorano sull’universale; e che più lavorano sull’eterogeneità visiva (quasi la metafora in chiave formale del caos in cui viviamo, contraddistinto dalla crisi climatica, dai grandi flussi migratori, dai rifugiati) e più la forma-film (speculare, anzi osmotica, ai contenuti che veicola) si (tras)muta in un nuovo ordine positivo. In un nuovo tessuto possibile, in un nuovo organismo potenziale. Il tutto per creare un corpus visivo realmente rinnovato, da cui partire per i prossimi anni e del quale il cinema sembra avere un gran bisogno.
MyMovies - Testa o croce? appare un film di transizione, animato da una fame di rimettersi in gioco e sperimentare con il cinema popolare tanto italiano quanto americano, attingendo tanto alla letteratura della frontiera (il film è diviso in capitoli e il carattere tipografico usato per i titoli è da classico romanzo di avventura) quanto agli spaghetti western.
Il che fa onore a due autori che avrebbero potuto replicare le atmosfere del loro film di esordio, ma la loro ricerca passa da interessante ad eccessiva con una svolta importante sulla quale non possiamo fare spoiler: ciò che fino a quel momento era (quasi) plausibile, almeno nella dimensione leggendaria, diventa surreale e in qualche modo tradisce l'accessibilità di un film il cui primo atto è veramente irresistibile.