di AAVV - Rashid Masharawi, Palestina, Francia, Emirati Arabi Uniti, Svizzera, 2024, 111′
Ideato dal cineasta palestinese Rashid Masharawi, From Ground Zero è un progetto che raccoglie 22 cortometraggi tra i tre e i sei minuti realizzati da giovani registi di Gaza che fanno parte della scuola di cinema del regista. L'iniziativa è nata in seguito al nuovo conflitto con Israele scoppiato dopo gli attacchi del 7 ottobre 2023 e, attraverso diversi punti di vista, presenta un quadro realisticamente tragico dove la disperazione si alterna alla speranza.
Lo spirito è quello del reportage è sotto questo aspetto From Ground Zero diventa una fondamentale testimonianza storica e umana su quello che sta avvenendo a Gaza, tra accampamenti nelle tendopoli, macerie di edifici distrutti, rumori dei bombardamenti e degli aerei che sorvolano i cieli.
Interviene in videochiamata la giornalisa Romana Rubeo.
– Romana Rubeo è una giornalista italiana, caporedattrice del The Palestine Chronicle. I suoi articoli sono apparsi in varie pubblicazioni online e riviste accademiche. Laureata in Lingue e Letterature Straniere, è specializzata in traduzioni giornalistiche e audiovisive.
Evento realizzato in collaborazione con Watermelon Friends Ita
Rashid Masharawi
(Gaza, Palestina, 1962), regista palestinese, ha realizzato film che descrivono ironicamente la vita quotidiana nel suo Paese, grazie ai quali ha vinto numerosi premi e ha partecipato a numerosi festival arabi e internazionali. Nel 1996 ha fondato il Centro di produzione e distribuzione cinematografica di Ramallah, con l’obiettivo di formare giovani registi palestinesi e sviluppare il cinema palestinese. Più recentemente ha invece creato il fondo Masharawi per film e registi di Gaza, che attualmente sostiene più di venti registi palestinesi e ha avviato il progetto «Ground Zero».
Quinlan.it - Come un grido da sotto le macerie: Gaza soffre, ma è ancora viva. In ogni sua testimonianza, in ogni suo slancio artistico, in ogni sua storia sempre diversa e sempre uguale, in ogni suo giovane talento che aveva bisogno solo di un’occasione per sbocciare. In ogni voce che sarebbe stata probabilmente destinata a perdersi nel vento, e che invece ora e per sempre brilla su uno schermo. Sta semplicemente a noi saper porgere ascolto, empatizzare, soffrire, comprendere, incazzarsi. Conoscere, davvero, “l’altra campana”. E a tratti magari commuoversi con la sua capacità di guardare ancora verso il futuro, nonostante tutto.
Cineforum.it - Questo paradosso tra la voglia di comunicare un dramma e, poiché la pace al momento pare l’ipotesi più lontana, il tentativo di farne ancora parte per poterlo raccontare, si sostanzia in alcune storie indicative che mostrano la resistenza, la reazione, la difficile elaborazione del lutto in un incubo a cielo aperto; inevitabile visto lo scenario di devastazione, macerie e palazzi distrutti dovuto alle rappresaglie israeliane, per un’ironia amara che pare essere diventata la cifra narrativa di un buon numero degli episodi dello stesso film. E, oltre le macerie, la speranza data dai bambini, onnipresenti, vittime predestinate della guerra ma anche simbolo di una possibile rinascita a cui solo pochi degli episodi paiono aver davvero rinunciato. Anche la presenza della spiaggia di Gaza, l’unico limite imposto dalla natura e non dalla legge spietata degli uomini, pur apparendo come un confine apparentemente invalicabile, fornisce invece uno spaccato illusorio di attaccamento eroico alla bellezza, concetto fondamentale dell’intera operazione.