di Baltasar Kormákur, Islanda, Gran Bretagna, 2024, 121′
con Egill Ólafsson, Kôki, Palmi Kormákur, Masahiro Motoki, Siggi Ingvarsson
Kristofer è un signore anziano che scopre di avere una malattia neurologica degenerativa. Il medico gli consiglia di chiudere i conti in sospeso, così decide di partire e dall'Islanda prima va a Londra e poi in Giappone alla ricerca di una donna che non ha mai dimenticato. In tutto questo, sua figlia, preoccupata, continua a chiamarlo.
Un viaggio suggestivo nel tempo e in culture lontane e diverse tra loro. Un film esteticamente poetico che parla di amore, memoria, radici, discriminazioni, ritorni, malattia.
Quinlan.it - Già nella sua opera prima il regista islandese mostrava interesse per l’incontro di culture, con una vorticosa Victoria Abril che irrompeva con la sua energia mediterranea nella glaciale società islandese. Touch, tratto dall’omonimo romanzo di Ólafur Jóhann Ólafsson, si fonda sull’incontro di due civiltà lontane, sorte su territori aspri e ostili, due terre vulcaniche instabili per la tettonica delle placche, come quella islandese e quella giapponese, l’incontro e l’amore di due giovani anime che vi appartengono.
Sentieri Selvaggi - La fotografia calda di Bergsteinn Björgúlfsson (con l’utilizzo delle lenti del grande Sven Nykvist, compianto direttore della fotografia di Ingmar Bergman) esalta i rossi e i gialli della fine degli anni 60 e contrasta con i colori freddi dell’era pandemica. Kristofer è colpito dalle terribili immagini degli effetti catastrofici della bomba atomica su Hiroshima: gli edifici rasi al suolo, i corpi carbonizzati, i cadaveri che riempiono i fiumi creano quella linea di demarcazione tra l’utopia del cambiamento e la realtà collettiva che fa irruzione con orrore nella vita di un individuo. La sindrome del sopravvissuto (hibakusha) deve combattere contro la paura di morire in solitudine (hodokushi). Il viaggio di Kristofer è un piccolo tributo d’umanità in un mondo in lockdown non solo fisico ma soprattutto emozionale.