di Roberta Torre, Italia, 2023, 83′
con Alba Rohrwacher, Filippo Timi
Monica sta perdendo la memoria e la sua vita si strappa. È la sindrome di Korsakoff, dice il medico. È irreversibile. Poi, l’inaspettato: la donna trova il modo di ridare senso alle cose prendendo in prestito i ricordi di un’altra Monica, che ha sempre ammirato: Monica Vitti. Si veste come lei, la imita, rivive le scene dei suoi film, si identifica nei suoi personaggi fino a confondere il cinema con la realtà. Suo marito Edoardo, che la ama profondamente, lascia che questo gioco diventi la loro nuova vita.
Da Roberta Torre (Tano da morire, Le favolose), un emozionante viaggio tra sogno e memoria con Alba Rohrwacher e Filippo Timi.
MyMovies.it - Mi fanno male i capelli è il commovente omaggio di Roberta Torre ad una grande attrice che ha a sua volta sofferto di una forma di demenza, perdendosi a sé e al suo pubblico, il quale tuttavia conserva il privilegio di ritrovarla attraverso le sue interpretazioni.
Proprio come fa la protagonista di questo film sperimentale e accorato, doloroso fin dal titolo (che è una celebre battuta cinematografica della Vitti) eppure attraversato da una brezza leggera, da un sottile alito di speranza.
Comingsoon.it - Poteva andare tutto male, poteva essere un disastro, un film con queste premesse, e invece funziona tutto e funziona bene. Mi fanno male i capelli appare come un film misterioso e teorico sul potere del cinema, di quel cinema che permette evasione dal quotidiano, annullamento di sé, proiezione di noi stessi in altre vite e in altri mondi che permettono sempre una qualche forma di reinvenzione, di contaminazione col reale. Roberta Torre non ha paura di nulla, e propone un cinema che pensa, e che vuol far pensare. Che non si accontenta di stare dentro i bordi, ma che, senza barocchisimi o spocchia, deborda - e magari sbaglia - per la voglia di provare qualcosa di nuovo, figlio di una riflessione, di una teoria, di una sperimentazione.
Quinlan.it - La cosa interessante è poi il fatto che la regista faccia ripercorrere al suo personaggio lo stesso iter “tonale” della carriera di Monica Vitti: dapprima i film drammatici e fortemente innovativi di Antonioni, da L’avventura (1960) a Deserto rosso (1964: da qui proviene la celebre frase che dà il titolo al film di Torre, ma mai citata). E poi commedie quali Teresa la ladra (Carlo Di Palma, 1973) o A mezzanotte va la ronda del piacere (Marcello Fondato, 1975), nelle quali brillò non certo di meno e anzi forse di più. Ed ecco che anche Monica, man mano che l’identificazione si fa sempre più radicata, diventa più “istrionica”, si lascia galoppare dentro una fantasia che oramai non vede più argini, del tutto disancorata dalla realtà che la circonda e che tenta inutilmente di trattenerla e riportarla indietro.