di Guillermo Del Toro, Usa, 2016, 119′
con Amanda Smith, Brandon McKnight, Cyndy Day, David Hewlett, Doug Jones, Dru Viergever, Jayden Greig, John Kapelos, Lauren Lee Smith, Marvin Kaye, Maxine Grossman, Michael Shannon, Michael Stuhlbarg, Morgan Kelly, Nick Searcy, Octavia Spencer, Richard Jenkins, Sally Hawkins, Shane Jarvis, Stewart Arnott
Elisa, giovane donna muta, lavora in un laboratorio scientifico di Baltimora dove gli americani combattono la guerra fredda. Impiegata come donna delle pulizie, Elisa è legata da profonda amicizia a Zelda, collega afroamericana che lotta per i suoi diritti dentro il matrimonio e la società, e Giles, vicino di casa omosessuale, discriminato sul lavoro. Diversi in un mondo di mostri dall'aspetto rassicurante, scoprono che in laboratorio (soprav)vive in cattività una creatura anfibia di grande intelligenza e sensibilità. A rivelarle è Elisa. Condannata al silenzio e alla solitudine, si innamora ricambiata di quel mistero capace di vivere tra acqua e aria. Ma il loro sentimento dovrà presto fare i conti con una gerarchia ostile incarnata dal dispotico Strickland. In piena corsa alle stelle contro i russi, gli Stati Uniti non badano a spese e a crudeltà. Per garantirsi e garantire al suo Paese un futuro stellare, Strickland è deciso a tutto.
Quinlan.it. Una buona parte della filmografia di Guillermo del Toro ci parla della Resistenza. Quella spagnola contro Francisco Franco (La spina del diavolo e Il labirinto del fauno), quella di uno strambo manipolo di newyorchesi contro l’avanzata dei vampiri (The Strain), quella di un gruppo di statunitensi difettosi in La forma dell’acqua – The Shape of Water. Resistenza e sense of wonder. Storia e fantasia. Fantastico, fantasy, fantascienza, horror. La vita filtrata attraverso una macchina da presa, uno schermo, degli effetti speciali e altri artifici narrativi e visivi. La vita e la Storia che combattono, cantano, danzano, pulsano freneticamente.
Del Toro è uno straordinario cineasta, indubbiamente discontinuo, abile a scalare box office e a districarsi nei meccanismi dell’industria dei sogni. Anzi, delle industrie dei sogni. Perché Guillermo del Toro è un sognatore che non conosce confini: geografici, produttivi, di genere, immaginifici.
Cineforum.it. È una favola ultraterrena, una storia d’amore pura e semplice. Un racconto in cui i buoni sono buoni e i cattivi sono cattivissimi (non a caso è ambientato sullo sfondo dell’America della Guerra Fredda), in cui i sentimenti fra una donna delle pulizie muta e un mostro solo all’apparenza spaventoso sono dipinti con gentilezza e in cui la semplicità diventa purezza. Un antidoto grazie al quale il suo autore vorrebbe contrastare il cinismo imperante e l’ossessione deleteria nei confronti del progresso, del futuro. Una dichiarazione di poetica, un testamento visivo: la messa in scena di un’idea. Ed è ovvio che quando un mondo, un universo o un immaginario è costruito a partire dai sentimenti, quando quindi è con l’amore che si creano e rappresentano le idee, il rischio è apparire fin troppo ingenui e artificiosi. Eppure, senza troppi giri di parole, Guillermo Del Toro invita semplicemente a guardare e credere - nulla di più. Il suo discorso e la sua rappresentazione partono dal cinema e dal suo passato (il passato del cinema hollywoodiano, ovviamente): le idee, secondo La forma dell'acqua, nascono dalla forma di racconto più pura, a cui bastano la forza e l'immediatezza del gesto. È infautti solo attraverso le immagini dei film classici, e in particolare dei musical in bianco e nero degli anni Trenta e Quaranta, che l’idea di cinema di Del Toro può prendere vita; può diventare personaggio ed essere salvata.