di Lili Horváth, Ungheria, 2020, 95′
con Natasa Stork, Viktor Bodó, Benett Vilmányi, Zsolt Nagy, Péter Tóth
Marta, neurochirurga di 40 anni, si innamora perdutamente. Decide di lasciare una promettente carriera da chirurga negli Stati Uniti e di trasferirsi a Budapest per iniziare una nuova vita con l’uomo che ama. Ma all’appuntamento che hanno preso, lui non si presenta. Marta inizia disperatamente a cercarlo e quando finalmente lo trova, l’uomo le dice che non si sono mai visti prima...
Il film è solo in versione originale con sottotitoli.
Giovedì 6 aprile dalle 19:00 GioveDinner: Cena con degustazione Birra Via Emilia del birrificio del Ducato (Parma) e Chouffe Blondie
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LA PAROLA ALLA REGISTA
Una donna, travolta dall’amore, si trasferisce lontano per iniziare una nuova vita. Al suo arrivo, l’uomo reagisce inaspettatamente, “Non ti conosco. Questa è la prima volta nella mia vita che ti vedo”. È un momento da brividi: non sappiamo se a dire la verità sia lui o lei. Quando ho pensato a questa scena, non sapevo ancora chi fossero i miei personaggi, ma da qui è iniziata a costruirsi l’idea del film. Ho custodito con me questo germoglio di scena a lungo temo, quando un giorno, improvvisamente – ero su un bus a Berlino - l'idea ha iniziato a costruirsi. Due medici sulla quarantina, la donna viene da un altro continente e ha sacrificato tutto per l’uomo che ama. Da lì ho capito: nel mio film volevo raccontare il ruolo decisivo che ha la nostra immaginazione quando ci innamoriamo di qualcuno. (Lili Horvat)
Mymovies.it - La Horváth si interroga (e ci interroga) sulla solitudine affettiva che può trasformarsi in una gabbia di cui la fantasia ossessiva può possedere le chiavi. Lo spettatore scoprirà solo alla fine quale sia la verità e come in fondo la sua sceneggiatura finisca con lo stare dalla parte di Marta. Nel frattempo avrà anche conosciuto, in sottotesto, il sistema medico ospedaliero ungherese con le sue luci ma anche con le sue ombre.
Cineforum.it - Lili Horvát non ha solo una grande sensibilità, ma anche mezzi tecnici notevoli. La sua regia non è mai banale, anche quando si limita a stare addosso alla misteriosa protagonista (Natasa Stork, magnetica, straordinaria personalità) cercando una risposta dentro i suoi occhi azzurrissimi, limpidi, per poi costruire intorno a lei un teorema di riflessi e trasparenze, di apparizioni e metamorfosi, in cui il suo punto di vista finisce spesso per essere deviato o messo in discussione. János, l'uomo di cui si è innamorata, è spesso in bilico tra il campo e il fuoricampo, entra ed esce dallo spazio visivo, diventa reale proprio quando siamo convinti che sia solo un sogno, per poi ritornare nel vuoto in cui Márta rischia di precipitare.
Sentieri Selvaggi - Questo è il cuore della riflessione di Lili Horváth: piuttosto che fare i conti con la realtà preferiamo recitare una drammatica finzione. Come in una commedia di Pirandello è molto più difficile accettare che il proprio amore si sia rivelato un’enorme delusione piuttosto che inscenarsi malati e incapaci di distinguere la realtà dall’immaginazione.
A questa azzeccata dinamica meta-cinematografica la cineasta associa una nostalgica e onirica grana della pellicola ma anche una notevole sceneggiatura, che si sviluppa attraverso un gioco delle parti in cui i “vuoti” lasciati dall’amore mancato di Marta cercano di essere colmati da un intraprendente giovane studente di medicina. Tenera e umanissima radiografia sugli effetti della solitudine sentimentale, il film presentato alla 77° Mostra del Cinema di Venezia e dall’Ungheria per gli Oscar del 2021, arriva a distanza di due anni nelle sale italiane.