di Rodrigo Plá, Messico, 2014, 74′
con Jana Raluy, Sebastián Aguirre, Hugo Albores, Nora Huerta, Daniel Giménez Cacho
Un uomo cade del letto in piena notte a causa dell'improvviso peggioramento del suo tumore. Esiste il medicinale per trattarlo ma occorre l'autorizzazione dell'assicurazione sanitaria per poterlo ottenere. Dopo lunga ed inutile attesa la mogli e il figlio seguono fino a casa il medico che dovrebbe autorizzare il trattamento ma costui si rifiuta di firmare i moduli necessari. La donna esasperata estrae dalla borsa una pistola e, minacciando il medico e sua moglie, riesce a sapere dove rintracciare i dirigenti dell'istituto assicurativo e a raggiungerli.
Mymovies.it. Dopo il successo di La zona Rodrigo Plà affronta un tema che purtroppo non è specifico solo della sua nazione (il Messico) ma è diffuso in numerosi Paesi. Si tratta dell'assicurazione sanitaria, una modalità di assistenza con la quale si monetizza la salute e perfino la sopravvivenza di un essere umano. Nei confinanti Stati Uniti si verificano casi in cui l'ente assicurativo in forma scritta nega le cure necessarie, in quanto non previste nella polizza stipulata dal paziente, ma si dichiara pronto a pagare per il suicidio assistito. Sono scandali che dovrebbero gridare vendetta che si sono invece trasformati in pratica quotidiana.
Plà decide di adottare la cifra stilistica del thriller al cui centro sta una donna che ama profondamente il marito e che è progressivamente sempre più esasperata dall'assoluta indifferenza di un sistema che è mostruoso quanto il male che ha attaccato il consorte.
Cineforum.it. Quello che era cominciato con tutti i parametri del dramma di denuncia sociale diventa d'un tratto un thriller psicologico, non privo di momenti di humour nero, talvolta nerissimo. Plà semina in anticipo, mantenendo la giusta distanza, focale e psicologica, i tratti dell'esasperazione indotta nella protagonista: Jana Raluy offre all'obiettivo un volto segnato, ma la voce è sempre un passo di qua del rigo, non si fa tentare dalla scelta facile della reazione isterica. Soprattutto, con la scelta di focali lunghe, del fuori fuoco e di un découpage selettivo Plà crea un senso di temporalità differenziata: il tempo adrenalinico, vissuto in corsa, da Sonia, che cozza, spesso nella medesima inquadratura, contro il tempo del lavoro o dello svago dei burocrati, degli impiegati e dei medici che la donna si trova a dover affrontare: un senso della durata molto diverso.
Cinematografo.it. Forte di una costruzione “a rimando” – spesso alcune situazioni si ripetono per introdurre il punto di vista di nuovi personaggi – il film in soli 75′ riesce a circoscrivere il dramma che caratterizza ormai la vita di numerose persone: l’impossibilità di difendere i propri diritti, finendo per ricorrere a reazioni spropositate, autolesioniste, pur di tentare di smuovere le coscienze di chi, in modo reiterato e irresponsabile, detiene il controllo delle vite altrui.
Ma arrivare a tagliare tutte le mille teste del mostro è purtroppo impossibile.
Filmtv.press. Il mostro dalle mille teste, aberrante esempio di sanità privata: ancora una persona nell’ingranaggio di un meccanismo insensibile, per poter ottenere semplicemente quel che le spetta. 75 minuti, inquadrature scentrate, turbamenti di fuoco, pesature compositive fuor di antropocentrismo. Perché per le immagini di Plá, il fulcro non è Sonia. Il dramma è dimostrativo a partire dai quadri, dalla struttura programmaticamente cubista: le voci del futuro processo legale, dei testimoni della vicenda, s’adagiano sulla rivendicazione violenta della protagonista, la scompongono, la riguardano. Creano un coro in cui a ignavia si somma ignavia. Una visione d’insieme che per Sonia è una visione d’inferno. Nessuno, dalla segretaria al potente, sa dirsi responsabile. C’è solo un’accusata. Tutto il resto dei punti di vista è assolto. E «lo stesso coinvolto».
"Opera seconda del talentuoso messicano (...) 'II mostro dalle mille teste' contiene nel suo titolo la metafora di un dramma sociale apparentemente senza uscita. Attraverso un uso sapiente della macchina da presa e del montaggio, Plà rappresenta i fatti in una soggettiva 'identificante' per lo spettatore che diventa anche riflessione sulle scelte sbagliate. La vittima diventa così un carnefice fatale come la costante alternanza tra fuoco/fuorifuoco dell'obiettivo crea l'impressione di un ribaltamento morale." (Anna Maria Pasetti, 'Il Fatto Quotidiano', 3 novembre 2016)