Il film racconta l’incontro della regista Maria Arena con il movimento “Non Una Di Meno”, in particolare rappresentato dal nodo territoriale di Milano, accompagnando il pubblico in un viaggio attraverso i femminismi odierni. È un lavoro di documentazione di ciò che il movimento ha fatto in risposta alla violenza maschile sulle donne e di genere tra il primo sciopero globale delle donne dell’8 marzo 2017 e l’8 marzo 2020, caduto in concomitanza con il primo giorno di lockdown della pandemia da Covid-19. Ma, al tempo stesso, è un lavoro di introspezione della protagonista-regista che, attraverso le domande suscitate dall’incontro con le attiviste di Non Una Di Meno e dalla lettura di libri classici del femminismo, riflette sulla propria vita di cinquantenne, moglie, madre e lavoratrice e si ritrova a fare un bilancio sull'esser donna oggi a partire da sé.
Interviene la regista Maria Arena.
Evento in collaborazione con Donne Democratiche di Mezzago.
Il Fatto Quotidiano - Che cosa vuol dire essere femminista oggi, che cosa significa esserlo in Italia. Perché si parla di femminismi al plurale e il singolare non basta per contenere un mondo in continua evoluzione. Perché è un segno di crescita e di messa in discussione di un sistema che ancora (e troppo) sembra non poter essere scalfito. Quante le storie e le difficoltà dietro ogni pratica, dietro ogni conquista. Quali gli ostacoli superati e quali quelli da superare ancora. Ci sono tutti questi interrogativi e alcune delle risposte possibili ne “Il terribile inganno”, il film documentario che racconta il movimento femminista italiano oggi e lo fa partendo dal gruppo di “Non una di meno” di Milano. (..) Ed è proprio questa la prima forza del documentario, prodotto da Invisibile Film e realizzato grazie a un crowdfunding sulla piattaforma Produzioni dal Basso: partire dalle domande che tutte condividiamo senza imporre risposte. Partire da quelle più semplici e non dare per scontato nessun passaggio.
Indie-eye.it - Il Terribile inganno fa un racconto appassionato del percorso di Non Una di Meno. A riguardo la linguistica mi suggerisce un bel esempio ripreso anche nel documentario: nessuna delle mie coetanee vuole che la sua professione mantenga la marca di genere maschile. A molti sembra una posizione rivoluzionaria che una donna si faccia chiamare avvocata e non avvocato. Non è così; è semmai la spia del dislivello storico, culturale, politico di cui si diceva; la direttrice d’orchestra che a Sanremo 2021 sostiene “il mio lavoro è il direttore d’orchestra” perde un’enorme occasione per se stessa e per le donne, oltre a dimostrare un misconoscenza della lingua che parla. Non è che c’è un motivo per cui non troverete mai un uomo che vorrà essere un’avvocata e non un avvocato? La storia di Non una di meno ci rende cittadini e cittadine più consapevoli, nonostante il paese non voglia vedere il cuore oltre l’ostacolo, o una mano che aziona il succhia clitoride.
dinamopress.it - Nel film i fotogrammi del movimento femminista del presente si alternano con i dialoghi con due donne chiave e figure ispiratrici che si collocano agli albori del femminismo, ma che sono state “rimosse” dal pensiero illuminista e da quel modello di “civilizzazione” che ha plasmato l’idea di un Occidente che è andato ad identificarsi con i proclami universalizzanti della ragione autoriflessiva, dove l’ideale umanistico (dell’uomo bianco ed europeo) è andato trasformandosi nel modello culturale egemonico. Senza nessuno spazio per le nozioni della differenza. Le figure del passato che interloquiscono con il presente sono Olympe De Gouges e Mary Wollstonecraft, interpretate da Emanuela Villagrossi e Federica Fracassi. Olympe De Gouges [1] pubblicò nel 1788 le Réflexions sur les hommes nègres in cui prendeva posizione contro la schiavitù e nel 1791, durante la Rivoluzione francese, la Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina, in cui dichiarava l’uguaglianza politica e sociale tra uomo e donna.