di Steven Spielberg, Usa, 2021, 156′
con Ansel Elgort, Rachel Zegler, Ariana DeBose, David Alvarez, Rita Moreno.
New York, 1961, due bande sono in guerra per il controllo del West Side. Da una parte i Jets, i 'veri' americani, figli di immigrati italiani o polacchi, dall'altra gli Sharks, portoricani, sbarcati di recente. In mezzo Tony e Maria. Lui è il fondatore pentito dei Jets, da cui ha preso le distanze dopo la prigione, lei è la sorella romantica di Bernardo, leader impetuoso degli Sharks. Tony e Maria si amano perdutamente e a dispetto dell'ostilità tra le gang, che provano a correggere con le canzoni. Ma chiedete a Romeo e Giulietta, l'amore non vince sull'odio, nemmeno in musica.
Mymovies - Rilettura di "Romeo e Giulietta", West Side Story non può che parlargli, quasi fosse stato scritto per lui e da lui, che da sempre racconta di 'alieni' che si oppongono all'ordine stabilito e alle ingiustizie, provando a cambiare il mondo. Chi meglio di Maria e Tony per integrare quella galleria? Chi meglio di due irriducibili innamorati che sfidano la realtà e si mettono a cantare per raccontarla più bella di quanto non sia? Eminentemente politica, la versione di Spielberg asseconda quella visione, attraverso la musica, il cinema, l'occhio incantato dell'amore, ma costruisce per contro un universo di linee da varcare, di barriere da abbattere, di reti da scalare, di fossi da attraversare, di scale da salire, di tutto quello che separa gli amanti, di tutto quello che devono vincere per amarsi.
Cineforum.it - Il musical è un esercizio di pura matematica stilistica, di alti e bassi, climax e pause (i numeri musicali e le sequenze strettamente narrative), di ballo, canto, parole. E qui entrano in gioco i segreti dell’alchimista, del grande regista: il ritmo di questo West Side Story non molla mai, perché la macchina da presa non molla mai, è in continuo, perpetuo movimento, sottolineando, spessissimo dall’alto, altrove dal basso, la progressione drammatica. E quel che non fa la macchina da presa, rincorrendo, anticipando o affiancando i ballerini o fermandosi su un volto innamorato attraverso una grata o su quello di una vecchia portoricana americanizzata che in un assolo si augura ci sia un posto e un tempo per loro, «somehow, some day, somewhere» (nella canzone Somewhere, che Spielberg regala a Rita Moreno, nella parte di Valentina, la proprietaria del drugstore, che nella versione originale era invece un uomo, Doc), tutto quello che non fa la macchina da presa lo fa il montaggio, vorticoso e musicale, ininterrotto.
SentieriSelvaggi - West Side Story è pura magia. Violento ed emozionante. C’è la versione originale con tutto il cuore di Spielberg con la passione che, nei celebri numeri Maria e Tonight – con Tony che si arrampica sul balcone e tutta la seduzione e la passione sono filmati con i volti separati dalla griglia della scala che li tiene separati – divampa e diventa incontrollabile. Spielberg mostra lo stupro e la morte come in un film di guerra, dialoga continuamente con il film precedente anche con il il corpo di Rita Moreno che nel film di Wise-Robbins era stata premiata come miglior attrice non protagonista per il personaggio di Anita e qui invece interpreta Valentina, la proprietaria del negozio dove lavora Tony che sostituisce il personaggio di Doc nella versione del 1961. Ma poi lascia riemergere la storia dall’ombra come Lincoln, ritrova l’euforia del genere con i cocomeri sganciati dal camion dove gli oggetti giocano e ballano come in un film di Gene Kelly e Stanley Donen.