Eterno
femminile

Eterno femminile, Natalia Beristáin

Eterno femminile

di Natalia Beristáin, Messico, 2017, 85
con Karina Gidi, Daniel Giménez Cacho, Tessa Ia, Pedro de Tavira, Ari Albarrán.

Eterno femminile, Natalia Beristáin

Trama

Messico, anni Sessanta. Rosario Castellanos, celebre scrittrice e femminista, evidenzia le incongruenze delle pari opportunità tra uomini e donne. Ama Ricardo Guerra, un professore di Filosofia che amava in gioventù, negli anni universitari, e che è tornato da lei in età adulta e con un matrimonio fallito alle spalle. Autrice convulsa, Rosario non smette di scrivere e di essere ammirata dal mondo di fuori, dando luogo in casa alle gelosie del marito filosofo che, invece, non è posseduto dalla stessa febbre, né dalla stessa ispirazione.

Regia

Natalia Beristáin

Cast

Karina Gidi, Daniel Giménez Cacho, Tessa Ia, Pedro de Tavira, Ari Albarrán.

Durata

85′

Paese di produzione

Messico

Anno di produzione

2017

Premi

SELEZIONE UFFICIALE ALLA XII EDIZIONE DELLA FESTA DEL CINEMA DI ROMA (2017).

Calendario

giovedì 29 marzo 2018
h: 20:30
venerdì 30 marzo 2018
h: 20:30
sabato 31 marzo 2018
h: 20:00
domenica 1 aprile 2018
h: 20:30
martedì 3 aprile 2018
h: 21:30
mercoledì 4 aprile 2018
h: 21:30

Recensioni

Cinematografo.it. Un ritratto privato di Rosario Castellanos, tra le più grandi scrittrici messicane del ventesimo secolo e una delle figure chiave del movimento femminista latinoamericano. Intendiamoci sull’aggettivo “privato”: la vita della Castellanos si è svolta perlopiù dentro le mura domestiche, davanti a una macchina da scrivere (parafrasandola, tra scrivere e vivere aveva scelto di scrivere).
Normale che i principali eventi della sua esistenza – morte compresa (un tragico incidente domestico, all’età di 49 anni) – siano avvenuti tra le pareti di casa: l’attività poetica ed intellettuale, la relazione sentimentale con un ideologo marxista, il marito Ricardo Guerra, la tarda esperienza di madre. Questo confinamento spaziale, se da un lato marca una distanza dal cinema politico tradizionale, dove c’è soprattutto un “fuori” dove infuria la battaglia e i corpi percossi e contundenti sono l’estensione armata delle idee, dall’altro si presta a eccellente metafora della condizione della donna, prigioniera del proprio ruolo all’interno del focolare domestico. Bisogna riconoscere alla Beristain di aver utilizzato al meglio l’espediente degli interni, vero e proprio ring in cui la Castellanos e il marito combattono una sottile guerra dei Roses di messa in discussione dei rapporti di potere culturalmente istituiti (che l’una vorrebbe superare e l’altro mantenere).
L’ambientazione le permette poi di ancorare la vicenda a una vena intimistica e poetica, fedele al mondo della scrittrice, evocato letteralmente dalle citazioni tratte dalle sue opere (rimandi mai forzati ma sempre giustificati narrativamente) e indirettamente dalla struttura ritmica dell’opera, dove assonanze, ripetizioni, anafore visive si susseguono nella trama senza filo del tempo (passato e presente si intrecciano senza soluzione di continuità).

 

Cineforum.it.  Poco conosciuta in Italia, Rosario Castellanos è stata poetessa e scrittrice di testi di varia natura. (...)Il film, affronta vari aspetti della femminilità, scavando nella vita coniugale della Castellanos e del rapporto conflittuale col suo compagno di una vita, e poi marito, Ricardo Guerra, professore universitario di filosofia e ideologo marxista, insofferente verso gli atteggiamenti rivoluzionari di cui si faceva portavoce Rosario, nonostante le sue apparenti inclinazioni progressiste. Un tipico atteggiamento maschile, questo, riscontrabile nella maggior parte dei cosiddetti uomini alfa, fedifraghi e tutt’altro che perfetti. La Beristáin fa cominciare il film in medias res, con Rosario e Ricardo che si rincontrano da adulti per riprendere una relazione iniziata da ragazzi, quando si erano conosciuti in occasione delle assemblee studentesche all’università, e interrottasi successivamente a causa di un’incompatibilità intellettuale che finisce per avere la meglio sull’indiscutibile amore che li lega. I due, dopo una ripresa del rapporto che sembra appianare gli attriti pregressi, si separeranno nuovamente, e per sempre, nonostante un matrimonio e la nascita del figlio Gabriel. Passato e presente si alternano in un gioco a incastro che permette alla regista di raccontare la figura di questa donna affascinante e tormentata (soffrì di depressione a seguito di alcuni aborti spontanei) senza ricorrere a strutture narrative facili e lineari. Scelta stilistica coerente ed efficace per restituire allo stesso tempo il linguaggio poetico che contraddistingue l’opera letteraria della Castellanos.

 

Filmtv.press. «Il privato è politico» recita lo slogan, e Beristáin lo esplicita lavorando sugli spazi dell’intimità: all’opera seconda, sceglie di ritrarre Rosario Castellanos, poetessa e filosofa, icona del femminismo messicano, nata nel 1925 e morta a soli 49 anni, per un banale incidente domestico (appunto). Accostando due momenti della sua vita (giovane studentessa e intellettuale adulta, in entrambi i casi segnata dall’inquietudine), senza soluzione di continuità o inutili didascalie (a parte l’epigrafe finale), confeziona un biopic anomalo, a tratti perfino troppo rarefatto, che ha come scheletro l’amore doloroso tra la protagonista e l’ideologo marxista Ricardo Guerra. Di poche parole, ma tutte essenziali, nelle precise composizioni delle inquadrature riflette la rivendicazione di Castellanos: quella di un posto nel mondo.

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