di Kaouther Ben Hania, Tunisia, Francia, Belgio, Germania, Svezia, 2020, 90′
con Monica Bellucci, Koen De Bouw, Husam Chadat, Rupert Wynne-James, Adrienne Mei Irving.
Sam Ali è un giovane siriano sensibile e impulsivo che ha lasciato il suo Paese per il Libano per sfuggire agli orrori della guerra. Per poter viaggiare in Europa e raggiungere l'amore della sua vita, accetta di farsi tatuare la schiena da uno degli artisti contemporanei più controversi del mondo. Trasformando il suo corpo in una straordinaria opera d'arte, Sam finisce per rendersi conto che la sua decisione potrebbe significare tutt'altro che libertà.
Martedì 19 ott / ore 21, prima del film:
Presentazione del Numero zero di "Propagazioni. Bollettino di esperienze di campo".
Pubblicazione semestrale in cui artisti, antropologi e operatori sociali raccontano i propri progetti e quelli di altre realtà attraverso conversazioni e immagini.
Intervengono:
Davide Manzoni cooperante e cofondatore del collettivo Propagazioni. Da 5 anni lavora con richiedenti asilo e minori stranieri non accompagnati tra Bergamo e Milano. Nel 2020 ha svolto un'esperienza in Libano da casco bianco, con l'obiettivo di favorire il dialogo tra giovani siriani e libanesi.
Valeria Greppi volontaria di Operazione Colomba, corpo nonviolento di Pace di APG23, in Libano
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Nota di regia: "(...) L'uomo che vendette la sua pelle è un incontro tra due mondi che mi affascinano: quello dell'arte contemporanea e quello dei rifugiati, due universi sigillati e governati da codici completamente differenti. Da un lato abbiamo un mondo elitario consolidato in cui la parola chiave è "libertà", mentre dall'altro lato abbiamo un mondo di sopravvivenza influenzato dall'attualità, in cui la mancanza di scelta è la preoccupazione quotidiana dei rifugiati. Il contrasto tra questi due mondi porta a una riflessione sulla libertà. Quando il rifugiato Sam incontra l'artista Jeffrey, gli dice: "Sei nato dalla parte giusta del mondo".
Il problema è che oggi viviamo in un contesto in cui le persone non sono uguali. Nonostante tutti i bei discorsi sull'uguaglianza e sui diritti umani, la storia e la geopolitica sempre più complesse fanno sì che ci siano inevitabilmente due tipi di persone: i privilegiati e i dannati. Il film mette in scena un patto faustiano tra le due parti. Sam Ali accetta di vendere le spalle al diavolo perché non ha scelta e, così facendo, entra nella sfera elitaria e ipercodificata dell'arte contemporanea attraverso un'improbabile porta d'accesso. Il suo sguardo apparentemente ingenuo e incolto ci presenta questo mondo da una prospettiva diversa da quella che ci viene mostrata solitamente. Per uno orgoglioso e onesto come Sam, diventare un oggetto può portare alla pazzia. Di fronte a un destino eccezionale, in preda a uno straziante conflitto interno, Sam Ali cercherà di riconquistare la sua dignità e la sua libertà".
Cineuropa - Molto ben interpretato, L'uomo che vendette la sua pelle fa un uso perfetto delle ellissi per sviluppare la sua trama e possiede uno stile visivo che gioca fortemente sui contrasti, in un'atmosfera unica creata dal direttore della fotografia Christopher Aoun. Un packaging piuttosto strano che però rispecchia fedelmente i paradossi inquietanti e crudeli di un sistema dove "tutto ha un prezzo", uomo compreso, teatro di lotte per la libertà.
Cinematographe.it - L’uomo che vendette la sua pelle avanza accuse senza mai accanirsi sui suoi personaggi, soffre della restrizione in cui è costretto il suo protagonista, ma cerca anche di inquadrarne con lucidità la parabola umana e amorosa che ne contraddistingue i caratteri. Un film dalla mise en scène elegante, ma di un’emotività tale che non lascia mai lo spettatore lontano per guardare, avvicinandolo in modo tale da diventare indagatore attento della vicenda di Sam Ali, soffrendo della mancata autodeterminazione che lo obbliga a esibirsi, restaurarsi, vendersi e farsi comprare, attivando realmente il coinvolgimento intellettivo e empatico del pubblico, che assiste così a un’opera curata in ogni suo ambito.
Dalla posatezza di una regia che cerca nel colore un modo per dar luce alla propria storia, richiamando quasi quelle stesse tinte che hanno dato diverso tono alla schiena tatuata del protagonista, L’uomo che vendette la sua pelle analizza e abbraccia una storia impegnata su più piani d’interesse, conquistando sotto qualsiasi di questi l’osservare dello spettatore. Una visione completa e assennata, che ci ricorda quanto sia importante abitare la nostra pelle e poterla far muovere liberamente, ovunque vogliamo.