di Chloé Zhao, Usa/Germania, 2020, 108′
con Frances McDormand, David Strathairn, Linda May, Swankie, Bob Wells
Dopo il crollo economico di una città aziendale nel Nevada rurale, Fern carica i bagagli nel suo furgone e si mette sulla strada alla ricerca di una vita al di fuori della società convenzionale, come una nomade dei tempi moderni. Nomadland vede la partecipazione dei veri nomadi Linda May, Swankie e Bob Wells nella veste di guide e compagni di Fern nel corso della sua ricerca attraverso i vasti paesaggi dell’Ovest americano.
Prenota il tuo posto a Villa Greppi, 29 Luglio
Prenota il tuo posto allo Sdraivin di Mezzago il 12 Agosto.
FilmTv - L’individualista americano è per definizione solitario. McDormand possiede, tra le sue due sole espressioni (malinconia cupa/sorriso di speranza, ma conta il “tra”) che palleggia come nessun altro mai, l’energia stoica per ribadirlo. (...) Non a caso si chiama Fern, che significa felce, rizoide senza radici. Eppure molto del fascino del pluripremiato Nomadland (Leone d’oro 2020), dalla ritmica asincrona tra melodia sensuale e tonale delle luci (Joshua James Richards) e minimalismo delle musiche, esili quanto epiche (Ludovico Einaudi), è quello di superare la solitudine in un road movie pieno di compassione umana e gelida analisi dei fatti, in continua tensione poetica tra lotta e gioia, sopravvivenza e speranza, collasso e trascendenza, urlo e pietà. Le citazioni cinematografiche abbondano, Aldrich, Malick, Landis... E perfino l’happy end. A differenza del luogo comune, il grande western non termina sempre con l’eroe solitario che punta l’orizzonte.
Quinlan.it - Con questo suo terzo lungometraggio, Nomadland, vincitore addirittura del Leon d’Oro a Venezia 77, Chloé Zhao porta avanti il suo discorso sui miti americani, lei che è cinese, ma naturalizzata statunitense, e in particolare sul western: nel primo – Songs My Brothers Taught Me – infatti aveva affrontato la miserevole condizione contemporanea degli indiani d’America; nel secondo – The Rider – si era immersa nella vita dei rodei scegliendo come protagonista un cowboy che non può più cavalcare; qui la protagonista, incarnata in maniera credibile da Frances McDormand, è una donna che non ha più una casa e si è adattata a vivere nel suo furgone, lontana dalla civiltà moderna e immersa nella wilderness, senza riuscire bene a capire se questa scelta le è stata dettata dal desiderio di solitudine o dalle ristrettezze economiche. Si potrebbe quasi dire che Chloé Zhao abbia realizzato una vera e propria trilogia sui miti fondativi statunitensi e sul loro inevitabile sfaldarsi, sul loro disfacimento, sia pur nel tentativo – a tratti disperato – di tenerli in vita da parte dei protagonisti che sceglie.
Rolling Stone - Non c’è il mito della frontiera, non c’è la corsa all’oro, non c’è un luogo da raggiungere. C’è proprio l’idea della vita come viaggio, reale e simbolico: i camper si rompono, esattamente come le persone si ammalano. La natura consola, un paesaggio al tramonto può commuovere, ma il freddo può anche ucciderti. Nella creazione del personaggio di Fern, non è secondario il fatto che Frances McDormand sia, appunto, Frances McDormand.