Minari, Lee Isaac Chung

Minari

di Lee Isaac Chung, Usa, 2020, 115
con Steven Yeun, Ye-ri Han, Yuh Jung Youn, Alan S. Kim, Noel Cho, Will Patton

Minari

Trama

David, un bambino di origini coreane, si trasferisce con la famiglia in Arkansas per seguire il sogno del padre Jacob, quello di creare una piccola ditta agricola coltivando frutta e verdura per i coreani immigrati. Siamo negli anni Ottanta e questa scelta, che cambia drasticamente le abitudini di tutta la famiglia Yi, genera incomprensioni, dissapori e una frattura insanabile sembra apparire all’orizzonte quando, con l’arrivo della nonna di David, gli screzi sembrano diventare definitivi e senza soluzioni.

 

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Regia

Lee Isaac Chung

Cast

Steven Yeun, Ye-ri Han, Yuh Jung Youn, Alan S. Kim, Noel Cho, Will Patton

Genere

drammatico

Paese di produzione

Usa

Anno di produzione

2020

Durata

115′

Premi

Oscar e Bafta 2021 miglior attrice non protagonista, Golden Globe 2021 miglior film straniero, Premi del pubblico Sundance 2020.

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Calendario

giovedì 29 aprile 2021
h: 19:30
6,00 € / Intero
4,00 € / Ridotto under 26 e over 65
venerdì 30 aprile 2021
h: 17:30
6,00 € / Intero
4,00 € / Ridotto under 26 e over 65
sabato 1 maggio 2021
h: 19:00
POSTI ESAURITI
6,00 € / Intero
4,00 € / Ridotto under 26 e over 65
domenica 2 maggio 2021
h: 19:30
6,00 € / Intero
4,00 € / Ridotto under 26 e over 65
martedì 4 maggio 2021
h: 17:30
6,00 € / Intero
4,00 € / Ridotto under 26 e over 65
mercoledì 5 maggio 2021
h: 19:30
6,00 € / Intero
4,00 € / Ridotto under 26 e over 65

Recensioni

Quinlan.it - Minari si muove su un doppio binario concettuale che vede contrapposti la sfera pubblica con quella privata, in qualche modo legate l’una all’altra, sebbene il film scelga di analizzare con delicatezza le dinamiche più intime della famiglia Yi (o Lee, in quanto traslitterazione del cognome del regista). E non poteva essere diversamente, dato che i presupposti per la storia raccontata in Minari sono squisitamente autobiografici. (...)
Minari, infatti, è un tipo di prezzemolo coreano che attecchisce molto facilmente, tanto che la nonna stessa decide di coltivarlo in una zona lontano da casa. Il minari del titolo, dunque, è l’allegoria di come la famiglia Yi stia lottando per integrarsi in un mondo che non conosce, in cui viene considerata aliena (si pensi alle sequenze in chiesa e alla diffidenza con cui sono trattati per tutto il film, con l’eccezione del matto Paul – uno strepitoso Will Patton).
Il ritmo di Minari, che anche visivamente lavora su uno sguardo segreto, privato, delicato, è un crescendo. È il ritmo della quotidianità, della scoperta, che cresce narrativamente fino all’ultimo atto, quando la tensione drammatica esplode fino a incanalarsi in un unico futuro possibile. Quello in cui la scala di valori assume finalmente una gerarchia chiara, netta. L’amore e il profondo umanesimo di Minari sono l’antidoto migliore al cinismo che vorrebbe il soldo e il successo come uniche chiavi interpretative dell’esistenza.

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