di Daniele Cini e Claudia Pampinella, Italia, 2020, 51′
con Gennaro Giudetti
Cosa spinge un ragazzo di 19 anni nato e cresciuto a Taranto, figlio di artigiani, con la disoccupazione come orizzonte probabile, a lasciare tutto e dedicarsi anima e corpo ad aiutare gli ultimi della terra?
Non è tanto una scelta religiosa, né solamente etica o politica, a motivare le scelte fatte negli ultimi nove anni da Gennaro Giudetti, che oggi ha 28 anni. C’è una specie d’irrequietudine, di febbrile bisogno di rendersi utile, di sete di giustizia, che emerge continuamente dai suoi racconti e dalle immagini che hanno testimoniato alcuni percorsi della sua vita: troppo grandi per la sua giovane età, ma anche possibili proprio grazie ad essa, grazie a una testarda, coraggiosa (e forse perfino un po’ incosciente) energia di ventenne, che ha scelto la via del volontariato in zone ad alto rischio.
Intervengono: Gennaro Giudetti, protagonista; Daniele Biella, scrittore; Francesca Mineo, ResQ/People Saving People.
Al termine, l'aperitivo del Bloom.
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La Febbre di Gennaro nasce da una scommessa ‘civile’: quella di credere, come produttori, che attraverso questo documentario, saremmo riusciti, magari in una misura anche piccola, a cambiare il punto di vista di quei giovani che, di fronte alle sofferenze degli altri, alle guerre e alle ingiustizie percepite come lontane, risponde con un’alzata di spalle. Appena dopo aver conosciuto Gennaro Giudetti, e aver ascoltato il resoconto di una serie impressionante – data la sua giovane età – di esperienze in campo umanitario, abbiamo ritenuto ‘necessario’ raccontare la sua storia: ascoltare le speranze, i dubbi e le motivazioni, che spingono un ragazzo, nel pieno dei suoi vent’anni, a scegliere di partire come volontario nelle zone più drammatiche del pianeta. Lo scopo non era quello di restituire un’immagine agiografica, come fosse un eroe o una figura fuori dal comune, ma disegnare il ritratto di una persona comune, con le sue difficoltà e le sue contraddizioni. La ‘febbre’ che lo pervade è figlia di una buona malattia. È una sorta di reazione sana a un vaccino contro la peggiore delle epidemie, che è la disumanità e insieme il bisogno di recuperare valori come il sostegno all’altro, a chi ha più bisogno, a chi soffre. Ma soprattutto siamo convinti che la giovinezza, la forza e la vitalità che il nostro protagonista incarna, confrontandosi con temi e scelte di vita forse più grandi di lui, rappresenti una possibilità di scelta diversa, in cui molti potranno rispecchiarsi e su cui potranno riflettere. Claudia Pampinella e Daniele Cini | Talpa Produzioni