di Judith Davis, Francia, 2018, 88′
con Judith Davis, Malik Zidi, Claire Dumas, Simon Bakhouche, Mélanie Bestel.
Angèle aveva 8 anni quando a Berlino Est ha aperto il primo McDonald’s… Da allora lotta contro quella che è la maledizione della sua generazione: essere nata “troppo tardi”. Figlia di attivisti – anche se sua madre ha abbandonato da un giorno all’altro l’impegno per trasferirsi in campagna e sua sorella ha scelto il mondo degli affari – Angèle vede solo suo padre rimanere fedele agli ideali. Arrabbiata e determinata, Angèle si applica tanto nel tentativo di cambiare il mondo quanto nel darsela a gambe dagli incontri romantici. Che cosa resta della rivoluzione? La risposta è in questa commedia brillante con un’eroina un po’ Don Chisciotte un po’ Bridget Jones che indaga l’eredità intima e politica del Sessantotto e i dilemmi di oggi, invocando per se stessa e tutti noi la necessità di un cambiamento.
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Mymovies.it - Judith Davis fa il suo esordio dietro la macchina da presa non rinunciando al suo ruolo di attrice e aderendo sia fisicamente che psicologicamente al personaggio di Angela. Lo fa con i toni della commedia che vuole provocare un pensiero senza per questo pretendere di dare risposte a priori. Perché Angela ha soprattutto domande a cui cerca una risposta in sé e negli altri. Spesso però le riposte non aderiscono a ciò che vorrebbe sentirsi dire e la chiusura a riccio o l'aggressività verbale prendono il sopravvento.
ilmanifesto.it - IN UN TEMPO in cui si è incapaci di ritrovare l’unità anche di fronte a temi fondamentali (il lavoro, le risorse naturali come bene comune, l’istruzione gratuita…) che improvvisamente appaiono come ridicole ingenuità, Cosa resta della rivoluzione evidenzia lo stato d’animo di un’intera generazione, annientata, impossibilitata a reagire dopo che l’intero tessuto sociale è stato fatto a brandelli, i diritti sono diventati privilegi e l’individualismo più selvaggio ha preso il sopravvento. Il rifugio nell’unico bene ancora possibile, la famiglia, l’amore, è anche la presa di coscienza del crollo definitivo di un principio di collettività diventato utopia.
Cinematografo.it - Difficile fare una commedia in cui il bersaglio critico è una generazione che ha alimentato immaginari, infranto barriere, infiammato la riflessione collettiva. Al debutto da regista, Judith Davis – anche interprete – si dimostra piuttosto abile nell’aggiornare lo spirito bohémien al precariato esistenziale e accordare il ritratto di un tipo umano di cui per età ed esperienza si fa portavoce alla produzione curata anche dalla Agat Films & Cie di Robert Guédiguian, patrono del cinema popolare operaio.