di Kantemir Balagov, Russia, 2019, 120′
con Viktoria Miroshnichenko, Vasilisa Perelygina, Andrey Bykov, Igor Shirokov, Konstantin Balakirev.
Leningrado, 1945. La guerra è finita ma l'assedio nazista è stato feroce e la città è in ginocchio. Iya è una ragazza bionda, timida e altissima, che ogni tanto si blocca, per un trauma da stress. Lavora come infermiera in un ospedale e si occupa del piccolo Pashka. Ma quando la vera madre del bambino, Masha, torna dal fronte, lui non c'è più. Spinta psicologicamente al limite dal dolore e dagli orrori vissuti, Masha vuole un altro figlio e Iya dovrà aiutarla, a tutti i costi.
Mymovies.it - Balagov, non ancora trentenne, è senza dubbio uno dei registi più talentuosi della scena contemporanea, e questo secondo lungometraggio, che segue l'acclamato Tesnota, lo ribadisce e conferma. Difficile pensare ad un uso del colore più elegante, eloquente ed emozionante, o ad un cinema che trasudi altrettanta verità, tanto che pare di sentirne l'odore, l'aria intrisa di polvere, gli sbalzi di temperatura tra esterni e interni, il leggero graffio della lana grezza sulla pelle.
In anni in cui il contenuto è tornato al centro dell'interesse dei registi, e i loro virtuosismi si manifestano soprattutto nella ricerca di nuove formule del racconto, Beanpole riporta prepotentemente la forma in primissimo piano, rischiando la maniera, a volte sì, ma costruendo, nelle scene chiave, momenti indelebili di grande cinema.
Filmtv.press - l’intero film è costruito su una tensione cromatica giocata sulla complementarietà, sullo scontro tra rosso e verde. La stessa contrapposizione scelta da Alfred Hitchcock per La donna che visse due volte - e sia Iya sia Masha potrebbero essere considerate in questi termini, dato che su ognuna grava l’ingombrante e incombente presenza del passato: entrambe devono reggere il peso di colpe commesse o subite, dalle quali provano a sbarazzarsi reiventando le proprie vite. Del resto, nelle mani di un grande autore (e Balagov dimostra di esserlo, realizzando un’opera che si presenta come un vero e proprio terreno di scontro dove si combatte la battaglia dei rapporti fra immagine e significato) il colore non è decorazione, è struttura, proiezione estensiva del dramma.
Cineforum.it - La ragazza d'autunno è il racconto di due donne in un momento incerto dell’Urss, una cuspide tra l’annientamento e la rinascita, in cui a combattere non sono forze storiche ma universali, reazioni fisiche, esigenze emotive, istinti vitali, desideri di morte e di rinascita. Con le sue immagini calibratissime e coreografate, e al tempo stesso sempre minacciate dal fuoricampo (ed è questa forse l’eredità più autentica del cinema di Sokurov, maestro di Balagov), il film ha una forza impareggiabile e irresistibile: quella di trasmettere la Storia come «attrito del tempo» (Martin Amis). La devastazione e la redenzione si incarnano nei corpi e nei volti di donna delle due protagoniste, che sono illuse e vuote come la guerra non è mai stata e come solo il futuro sa essere.