di Kore'eda Hirokazu, Francia, 2019, 107′
con Catherine Deneuve, Juliette Binoche, Ethan Hawke, Clémentine Grenier, Manon Clavel.
Diva del cinema francese, Fabienne Daugeville pubblica un libro di memorie e per l'occasione riceve la visita della figlia Lumir, sceneggiatrice che vive a New York con il marito Hank e la piccola Charlotte. Nella villa parigina di Fabienne, le due donne si sforzano di entrare in contatto l'una con l'altra e di fare i conti con il passato, impresa resa tanto più ardua dalla presenza delle famiglie e del maggiordomo Luc, stufo di essere dato per scontato. Fabienne è anche impegnata sul set, recitando in un film che confonde ulteriormente i confini del ruolo materno e di quello filiale.
Mymovies.it - Kore-eda, nel suo secondo debutto stavolta in territorio straniero, con la curiosità meticolosa dell'outsider esplora ogni angolo di una casa bellissima, "anche se c'è una prigione proprio qui dietro". E in una prigione della parola deve sentirsi Lumir, figliol prodiga che da bambina voleva fare l'attrice, ma che da adulta è diventata sceneggiatrice, nel tentativo forse di dare un senso alla voce di una madre che spesso di fronte alla realtà sceglie di far vincere la leggenda. Per essere l'opera di un regista che gira in una lingua non sua, Le Verità stupisce per la perfetta sinfonia di ambiguità e allusioni dei suoi dialoghi, giocati su un corto circuito costante di età, ruoli familiari, ricordi e riflessi di sé.
FilmTv - Per Kore-eda un vezzo non è mai soltanto un vezzo. Un’immagine non è mai soltanto quella immagine. E un gesto, anche il più semplice, o uno sguardo, anche il più prevedibile, comportano sempre qualcosa che il ricordare, l’accettare e l’elaborare credono improbabile. Eppure è lì, nell’inaffrontabile resistenza della vita a essere sempre già data (cioè determinata, conclusa, certa), che Kore-eda trova la forza per un film sincero e spiazzante. Che, tra le altre cose, dimostra quale sia la strada giusta, irta ma non impossibile, per scrivere una sceneggiatura ricca e imprevedibile. Perfetta, direi.
Quinlan.it - Il “viaggio all’estero” di Kore-eda si prende la libertà di dissezionare oggetti famigliari ed esotici con lo sguardo di chi li conosce bene e al tempo stesso non ne è coinvolto fino in fondo, di trattare il cinema d’autore europeo (da Buñuel a Bergman, da Almodóvar ad Assayas, solo per citare i riferimenti più evidenti) con giocoso divertimento. Questa libertà leggiadra conduce Kore-eda a un film più intelligente che appassionante, più ironico che coinvolgente, ben incastonato nella carriera del regista che non rinuncia alla sua sensibilità ma la traduce e adatta per percorrere un territorio straniero. Che non è solo la Francia (o l’Europa) quanto la possibilità di lavorare con celebrati attori, un fattore mutageno che ineluttabilmente condiziona la verità costruita da un film.
Cineforum.it - Ogni relazione raccontata nel film – fra madre e figlia, nonna e nipote, moglie e marito, suocera e genero, attrice e rivale – è ripetuta in modo sbilenco (nell’autobiografia piena di bugie di Fabienne, nei dialoghi che Lumir scrive per la madre per aiutarla a chiedere scusa al suo assistente), ripreso e ribaltato (il gioco delle età che si invertono fra madre e figlia), scritto e poi improvvisato, improvvisato e poi trasformato nella battuta di un copione… La verità, insomma, per Kore-eda è un dubbio ripetuto così tante volte da essere diventato vero; o forse l'opposto, un fatto realmente accaduto che nel ricordo ha assunto i contorni di una fantasia. Chissà.