di Daniele Gaglianone e Stefano Collizzolli, Italia, 2018, 98′
con Jessica Cosenza, Lorena Fornasier, Georgia Borderi, Elena Pozzallo.
Alla proiezione sarà presente Georgia Borderi di Como, una delle protagoniste del film.
Dove bisogna stare segue quattro donne italiane che hanno deciso di impegnarsi spontaneamente e gratuitamente nella cura e nell’accoglienza di persone migranti. Georgia, ventiseienne, faceva la segretaria. Un giorno stava andando a comprarsi le scarpe; ha trovato di fronte alla stazione della sua città, Como, un accampamento improvvisato con un centinaio di migranti: era la frontiera svizzera che si era chiusa. Ha pensato di fermarsi a dare una mano. Poi ha pensato di spendere una settimana delle sue ferie per dare una mano un po’ più sostanziosa. È ancora lì. Lorena, una psicoterapeuta in pensione a Pordenone; Elena, che lavora a Bussoleno e vive ad Oulx, fra i monti dell’alta Valsusa, e Jessica, studentessa a Cosenza, sono persone molto diverse; sono di età differenti, e vengono da mondi differenti. A tutte però è successa la stessa cosa: si sono trovate di fronte, concretamente, a una situazione di marginalità e di esclusione e non si sono voltate dall’altra parte. Sono rimaste lì, dove sentivano che bisognava stare.
Co-prodotto da ZaLab di Andrea Segre (Io sono Li, Mare chiuso, Ibi, L'ordine delle cose), che con i suoi film in questi anni sta mappando sia in chiave di fiction che di documentario cause e conseguenze delle migrazioni, Dove bisogna stare è una dichiarazione di intenti, una presa di posizione che più chiara non potrebbe essere.
Dove bisogna stare è stato realizzato con il sostegno di Medici Senza Frontiere e Piemonte Doc Film Fund – fondo regionale per il documentario – Piemonte Film Commission.
Saranno presenti operatori di Medici senza frontiere - gruppo di Milano per incontrare il pubblico.
Quinlan.it. Dove bisogna stare è un atto politico fin dal titolo. Un atto di doverosa resistenza: resistenza umana, intellettuale, partecipativa. Resistenza dell’animo, di fronte ai degenerati venti di destra che soffiano con insistenza sull’Italia, e non solo. “Fischia il vento, infuria la bufera, scarpe rotte eppur bisogna andar” intonavano oltre settant’anni fa altri resistenti, costretti clandestinamente sulle montagne per combattere il nemico che aveva le divise nere e grige di fascisti e nazisti; bisogna andare avanti anche oggi, magari di nuovo valicando montagne e cercando sentieri diversi per permettere a chi cerca solo di dare ancora una possibilità alla propria esistenza di evitare i posti di blocco, i controlli, i fermi della polizia e delle guardie frontaliere – che sono tornate ad agire, in barba all’Unione Europea e ai suoi trattati. Daniele Gaglianone non è, spostandosi nel campo della dialettica gramsciana, un indifferente. Non lo è mai stato. (...)
Nella tensione, a suo modo irrisolta e irrisolvibile, tra la quotidianità del racconto – una quotidianità fatta anche di routine, di ripetizioni, di tempi morti – e la catastrofe in atto, Dove bisogna stare trova lo scarto e rende evidente la sua natura preziosa, fondamentale da un punto di vista politico ma anche in grado di documentare una realtà e l’umanità che la pervade. Sono le quattro protagoniste, non a caso donne – a ricordare un altro crimine silenzioso, quello che vuole l’elemento femminile della società sempre subordinato, secondario, inferiore quasi in maniera ontologica – il centro pulsante di un film vivo, straripante, denso. Nello sguardo di Daniele Gaglianone, sempre in grado di trovare la collocazione ideale della videocamera, si rintraccia lo spettroscopio di una poetica che non lavora mai per semplificazioni ma affronta la complessità del reale con un approccio diretto, non filtrato né artificioso. Quello che ne viene fuori è uno spaccato disperato ma resistente di un’Italia che non ha intenzione di cedere alla barbarie ma è ancora lì a combattere, senza cedere di un millimetro. Tra mille sofferenze e privazioni, ma con la testa alta. Un’opera a suo modo fondamentale, che ovviamente passerà sotto il naso dei più senza che questi neanche se ne accorgano. Così come stanno passando i cadaveri che galleggiano qualche minuto sull’orlo delle onde prima di andare a fondo.
Mymovies.it. A differenza di molte altre indagini sul tema delle migrazioni, non dà per assodato nulla e cerca di assumere il punto di vista e le difficoltà di chi arriva nel nostro Paese spesso intendendolo come una tappa verso altre destinazioni. Non considera scontata nemmeno la complessità burocratica per chi ha bisogno di asilo, assistenza medica, supporto di mediazione culturale e linguistica, informazione sui propri diritti e doveri. Tutto quello insomma di cui i privati cittadini, i volontari, gli operatori del sociale e i gruppi spontanei di solidarietà si occupano da anni nel silenzio quasi totale dei media mainstream, più concentrati a inseguire le strumentalizzazioni del fenomeno da parte di alcune parti politiche.
In dodici capitoli intitolati alle parole di chi è parte in causa, Dove bisogna stare si pone delle domande difficili, che evidenziano discriminazione e mettono in crisi, invece di imporre soluzioni semplici a fenomeni globali complessi.
Nel registrare le difficoltà quotidiane raccolte dalle quattro protagoniste, cadono anche molti illusori luoghi comuni, come l'aspettativa paternalistica di forme di gratitudine o la possibilità di identificazione totale in chi arriva. Quello che il film dimostra è che nell'osservare a distanza ravvicinata l'altro, progressivamente ci si riconosce in lui e si arriva per lo meno a ricalibrare la nostra enorme libertà di movimento. Ricordandoci che la prima condizione per esprimere un'opinione individuale è il dovere di informarsi.
Cinematografo.it. Dove bisogna stare, non racconta l’immigrazione dal punto di vista di chi sceglie di partire o è costretto a farlo: “È innanzitutto un film su di noi, sulla nostra capacità di confrontarci con il mondo e di condividerne il destino” afferma il regista Daniele Gaglianone, che si è messo in ascolto dei volontari e delle volontarie della società civile impegnati a costruire un’Italia che accoglie. “In un periodo in cui chi opera per salvare le vite di persone costrette a fuggire dalla guerra e dalla miseria subisce forti pressioni e chiari episodi di criminalizzazione, questo documentario vuole cambiare la narrazione dominante sulla percezione che hanno gli italiani sulla presenza di persone migranti nel nostro Paese” dichiara Claudia Lodesani, medico infettivologo e presidente di MSF in Italia.