di Claudio Giovannesi, Italia, 2016, 110′
con Daphne Scoccia, Gessica Giulianelli, Josciua Algeri, Klea Marku, Valerio Mastandrea.
Dafne si trova in riformatorio per aver cercato di rubare un telefonino nella stazione in cui dormiva, sdraiata sopra una panchina. La ragazza è un gatto selvatico con alcuni precedenti alle spalle, una madre assente e un padre amorevole ma inadeguato che ha conosciuto da vicino la galera. Dafne vive alla giornata, e anche in riformatorio afferma la sua indole ribelle. Ma è anche una creatura profondamente sensibile, capace di profonda compassione e di quella solidarietà umana che nei suoi confronti è quasi sempre mancata. Quando incontra Josh, detenuto nell'ala maschile del riformatorio, individua in lui un'anima gemella e comincia a sperare in un happy ending opposto a quel destino che le è sempre apparso segnato.
Serata speciale con Marco Bellotto (psicologo) e Chiara Mastrandrea (educatrice), Ass.ne Comunità Il Gabbiano.
Mymovies.it. Dopo Alì ha gli occhi azzurri, Claudio Giovannesi torna a raccontare gli ultimi concentrandosi in particolare sui più giovani e scansando la retorica e il buonismo grazie alla forza documentaria della sua regia agile e mai edulcorata. Giovannesi è un cavallo di razza dietro quella cinepresa che non stacca mai dai personaggi, stando loro sul collo e respirando il loro stesso respiro.
La storia di Fiore poggia sulle spalle esili (solo fisicamente) del personaggio femminile (un trend molto interessante del nuovo cinema italiano) che la regge con la grazia inconsapevole di un papavero di campo: il debutto di Daphne Scoccia è davvero notevole per immediatezza e carisma, e assai credibile è anche Josciua Algeri, con il suo accento che mescola hinterland milanese e radici meridionali con dolcezza e tracotanza. Ne emerge il ritratto di una vitalità insopprimibile come quelli dei fiori che crescono in mezzo al letame, o nelle fessure dei marciapiedi.
Cineforum.it. Giovannesi pedinerà la sua protagonista affidandosi al suo sguardo. Perché l’autore sa che quello della giovanissima attrice – carisma di un’Asia Argento a inizio carriera e una bellezza dalle parti di Irène Jacob e Kristen Stewart – è uno sguardo in grado di sostenere l’ampio ventaglio di emozioni che lui intende veicolare: rabbia, orgoglio, amore, disillusione, speranza. Che poi sono tutti i sentimenti attraverso i quali passa Daphne nel corso del film: la rabbia di chi è relegata ai margini della società, senza una madre (di cui non sapremo mai nulla) e con un padre appena uscito di galera (un Mastandrea a cui bastano venti minuti in scena per riconfermarsi come il migliore attore italiano della sua generazione)