di Raoul Peck, Francia, Germania, Belgio, 2017, 112′
con August Diehl, Stefan Konarske, Vicky Krieps, Olivier Gourmet, Hannah Steele
Alla metà del Diciannovesimo secolo l'Europa è in fermento. In Inghilterra, Francia e Germania i lavoratori scendono in piazza per protestare contro le durissime condizioni nelle fabbriche, e gli intellettuali partecipano come possono all'opposizione. Uno di loro, il tedesco Karl Marx, a soli 26 anni è costretto a rifugiarsi a Parigi insieme alla moglie Jenny. Qui Karl conosce un suo coetaneo, Friedrich Engels, che, nonostante provenga da una ricca famiglia di industriali, simpatizza con le sue idee rivoluzionarie. Superate le prime resistenze, fra i due ragazzi nasce una solida amicizia che li porterà a conquistarsi la stima dei capi dei movimenti dei lavoratori. Fino a diventarne leader a loro volta.
Cineforum.it. Il film è incentrato sul rapporto fra Marx e Engels a partire dal loro primo incontro, nei primi anni ’40 dell’Ottocento, fino al 1848 momento in cui i due – allora rispettivamente ventinovenne e ventisettenne – terminano la stesura del Manifesto del Partito Comunista e ne iniziano a promuovere la diffusione. Se gli effetti del Manifesto – già a partire dal fatidico 1848 – sono noti a tutti, quello che è meno noto è come i due filosofi abbiano maturato e costruito giorno per giorno un sentimento, di come l’abbiano trasformato in un’idea, e come siano arrivati sino a strutturarlo in una vera e propria dottrina politica. Ed è questo che il film racconta. (...)
Con una sensibilità che sembra maturata da un cineasta caparbiamente e orgogliosamente comunista come Robert Guédiguian, qui produttore (fra gli altri), Peck riesce a entrare con grande efficacia nell’intimità della vita familiare di entrambi i protagonisti, evitando di cadere nella trappola del biopic agiografico di stile televisivo e mantenendo invece uno sguardo carico di rigore ma allo stesso tempo interiore, emotivo. Si fissa sul dettaglio e sui campi stretti la macchina del regista haitiano, sta attaccata ai volti, ai corpi, focalizza le espressioni dei personaggi come se volesse estrarne e renderne visibile non tanto il pensiero, ma piuttosto il processo elaborativo. Marx ed Engels, le loro mogli, gli amici, i colleghi e gli avversari sono come ritratti di una composizione pittorica.
"Un film di Raoul Peck, vale a dire un'opera in cui si mescolano insieme e in parti il più possibile uguali degli elementi biografici, intimi, politici, storici. Ora, nel caso dell'oggetto Marx, ognuno di questi aspetti poteva dare luogo ad un'interpretazione, nella misura in cui l'ordine di presentazione è sempre una maniera di esporre un rapporto di causa a effetto: la vita sull'opera, la politica sulla vita, il carattere sulla politica, la teoria su tutto il resto... È chiaro che in un film, e in particolare in un film in costume, è la parte romanzata a prendere il sopravvento. Fin dalla prima sequenza, però Raoul Peck e il suo sceneggiatore Pascal Bonitzer hanno cercato di riequilibrare il tutto mettendo al centro il lavoro teorico, cosa notoriamente non facile da filmare. (...) il racconto della miseria economica in cui versa l'autore del Capitale, permette al regista di togliere al lato dickensiano il ruolo di traino del film. Ma Peck ha voluto evitare di fare un film pedante. Ha cercato di concentrare il pensiero di Marx in un concetto unico che irriga tutto: l'idea del conflitto. (...) In questo sforzo di piegare le regole del biopic ad un esigenza pratico-teorica il film è ammirevole, così come il tentativo di restituire tutti i lati possibili della personalità di Marx: il genio, l'uomo, il suo pensiero, i suoi limiti - e il suo rapporto speciale con Jenny e con Engels. Ma il risultato è un film che decide di scegliere il meno possibile: evita di farsi schiacciare da un materiale potenzialmente infinito, al prezzo di addomesticarne la potenza." (Eugenio Renzi, 'Il Manifesto', 14 febbraio 2017)
Filmtv.press. Possono godere i cinefanatici dell’impegno e dell’horror che non abbassano gli occhi di fronte a rapporti sociali di produzione degni di Carpenter, Hooper, Craven e Henenlotter. Già, troviamo anticipati profeticamente (senza far spoiler) gore e splatter dei decenni a venire (anche sui bellissimi titoli di coda). L’autore di Il capitale terrorizza ancora l’Occidente, tanto che finora nessuno è riuscito a raccontarne vita e opere sullo schermo. Fu proibito a Ejzenstejn da Stalin e a Rossellini dalla Rai. Di Marx, a 200 anni dalla nascita e 135 anni dalla morte, ricordiamo al cinema solo il busto sulla tomba in Morgan matto da legare e il titolo di un film sessantottino raro, Praise Marx and Pass the Ammunition. Sarà che il vero maestro di Marx era nero e veniva da Haiti come Peck: Toussaint Louverture che nel 1804, con gli schiavi in rivolta, completò la rivoluzione francese… In terra di voodoo, di spettri se ne intendono.