di Alfonso Cuaròn, Messico, 2018, 135′
con Yalitza Aparicio, Marina de Tavira, Marco Graf, Daniela Demesa, Diego Cortina Autrey.
Messico, 1970. Roma è un quartiere medioborghese di Mexico City che affronta una stagione di grande instabilità economico-politica. Cleo è la domestica tuttofare di una famiglia benestante che accudisce marito, moglie, nonna, quattro figli e un cane. Cleo è india, mentre la famiglia che l'ha ingaggiata è di discendenza spagnola e frequenta gringos altolocati. I compiti della giovane domestica non finiscono mai, e passano senza soluzione di continuità dal dare il bacio della buonanotte ai bambini al ripulire la cacca del cane dal cortiletto di ingresso della casa: quello in cui il macchinone comprato dal capofamiglia entra a stento, pestando i suddetti escrementi. Perché nel Messico dei primi anni Settanta tutto coesiste: la nuova ricchezza come la merda degli animali da cortile, il benessere ostentato dei padroni e la schiavitù "di nascita" dei nullatenenti. Tutto convive in un sistema contradditorio ma simbiotico in cui le tensioni sociali non tarderanno a farsi sentire, catapultando il recupero delle terre espropriate in cima all'agenda dei politici in cerca di consensi.
Il film è solo in lingua originale - spagnolo - con sottotitoli.
Mymovies.it. Il ritratto di una dignità umana così profonda e inalienabile da trasformare ogni cosa in straziante bellezza.
In un bianco e nero pastoso che mescola ricordi nostalgici e denuncia sociale, con Roma Cuaron torna alle proprie radici e racconta il Messico della sua infanzia, nonché il debito di riconoscenza che tutti i figli della borghesia messicana devono alle tate e alle "sguattere" che li hanno cresciuti con amore e devozione. Roma è il suo film più intensamente personale e più provocatoriamente politico, e racconta un intero Paese attraverso il suo frattale minimo, e il più indifeso.
Quinlan.it. È proprio il tempo il principale protagonista di ROMA, un tempo personale e collettivo, biografico e storico, reso nel suo trascorrere non solo dalla lunghezza complessiva del film (135 minuti non sono poi molti), ma anche dalla durata di ogni sua inquadratura, frutto di una ricerca spazio-temporale, di un’indagine accurata e sensibile, da effettuare in continuità, senza troppe interruzioni. (...) Girato in uno splendido bianco e nero e con un’impeccabile orchestrazione dei movimenti di macchina, ROMA fa un uso espressivo e sapiente di ogni suo elemento, sia esso stilistico, visivo o narrativo, per andare a comporre un affresco composito sempre ben calibrato, persino quando il regista riesce a inserire una brillante auto citazione (di Gravity, nel dettaglio, ma non sveleremo altro per non rovinare la visione del film) amalgamandola senza soluzione di continuità con il racconto. Restano poi impressi nella mente i numerosi ingressi in auto nel vialetto d’accesso della casa, strutturati in un crescendo che allude dapprima alla disgregazione familiare, poi a un nuovo equilibrio.
Filmtv.press. Ritorno al dialetto Chilango e al piccolo film in b&n per Alfonso “Gravity” Cuarón, che nel film obliquamente biografico Roma - da dicembre nelle sale e su Netflix - rende un omaggio neoespressionista alla donna che trasformò l'infanzia in una splendida avventura “spaziale”. Cleo (Yalitza Aparicio), giovane domestica “india” nel quartiere middle class di Mexico City (che dà il titolo al film), ha protetto lui e i 3 fratelli - anche a costo della vita – da terremoti, veleni borghesi, affogamenti e “Los Halcones”, fascisti addestrati dalla Cia per proteggere, tra il 1970 e il 1971, il presidente Echeverria Alvarez. Superba la partitura audio stereofonica (scena del parto) e mirabile la ricostruzione maniacal-viscontiana del set, della casa natia e del massacro del Corpus Christi, quando i “falconi” uccisero 120 studenti.
Cineforum.it. Una saga familiare come quelle che la letteratura sudamericana ci ha insegnato ad amare, una vicenda privata alla quale si sovrappone però continuamente la dimensione pubblica, sociale, storica di un paese alle prese con una fase cruciale. (...) Così le donne sono costrette a stringersi e sorreggersi in una sorta di mutuo soccorso femminile, forzato, disperato, affettuoso, profondamente umano. E qui sta la cifra di un grande film, firmato da un uomo, che si riappacifica con la propria memoria restituendo alle sue donne la grandezza della loro forza e della loro libertà.