di Anna Negri, Italia, 2025, 109′
Quando Anna aveva 14 anni, suo padre Toni Negri, professore di Scienze Politiche all’università di Padova e uno dei leader del movimento di contestazione degli anni ‘70, è stato arrestato, con l’accusa di essere il capo occulto del terrorismo italiano, reato da cui anni dopo è stato prosciolto. Ad Anna, questa storia ha lasciato un’impronta indelebile. Così, quello che inizia come il racconto di una figlia sul padre e sulla loro relazione, si trasforma in un film sui traumi di due generazioni. È un corpo a corpo dialettico in cui i piani personali, psicologici, ideologici e storici si alternano vorticosamente. Anna e Toni si ritrovano a Venezia, sono entrambi di fronte alla macchina da presa, filmati da un amico. Toni sa che vede questa città per l’ultima volta, morirà sei mesi dopo, e Anna, che non ha mai vissuto con lui da quando è stato arrestato, lo accompagna con emozione, cercando di recuperare il tempo perduto. È in questa nuova dimensione di viaggio e di reciproca scoperta, ridotti a pochi gesti e a parole essenziali, che vediamo sciogliersi gli ultimi nodi, i dubbi, i significati di due vite tanto complesse.
Al termine interviene la regista Anna Negri in videocollegamento, intervistata da Andrea Cegna.
“Toni, mio padre” è un film molto personale, biografico e autobiografico, in cui il presente veneziano, girato da Stefano Savona, si intreccia con interviste, filmini di famiglia, fotografie e i Super8, che ho girato dai miei 16 anni in poi. Questi materiali montati da Ilaria Fraioli e musicati da Giulia Tagliavia, raccontano una storia personale in cui ha fatto irruzione la Storia ufficiale, evocata attraverso repertori televisivi e testate giornalistiche.
La sfida per me è stata riuscire a raccontare una vita così stratificata, individuandone i tratti essenziali. Potevo finalmente cercare di capire quella mentalità rivoluzionaria dello scorso secolo e porre domande sull’eticità della violenza o su come si attraversa una sconfitta. La nostra relazione, che costituisce un racconto in parallelo, forse più avvincente, è così diventata quel dispositivo narrativo che permette di fare emergere temi universali come il conflitto tra ideologia e vita ma anche quello tra generazioni e generi.
Anna Negri
MyMovies - Non è, insomma, assolutamente un santino quello che Anna realizza del padre Toni, ma un vibrante documentario che non si limita a elencare o raccontare i fatti, ma a svelarne retroscena e conseguenze soprattutto emotive, a livello personale e familiare. Senza retorica, senza nostalgia, ma con un afflato lucido e spesso polemico: sullo schermo scorrono immagini di filmati privati, d'infanzia, di famiglia e super8 girati dalla regista stessa adolescente accanto a quelli di repertorio, altrettanto preziosi perché raccontano un Paese, un movimento, un'ideologia, un'aderenza a un'ideale contro tutti e tutto, che non esistono più. Non in quel modo, non in quella forma, che nel bene e nel male fu un unicum nella storia d'Italia.
Sentieri Selvaggi - La regista Anna Negri, una delle figlie, coadiuvata per la fotografia da Stefano Savona, ha presentato nella sezione Giornate degli Autori Toni, mio padre. Un film sospeso tra confessioni e risentimenti, incomprensioni dette e mai dette, spiegazioni paterne e amore filiale. Un film che nell’apparente disordine della sua composizione traccia un ragionamento che a volte resta invisibile. Esiste invece un ordine delle cose interiore, non sempre visibile a cominciare dall’avvertimento allo spettatore meno informato su chi fosse questo personaggio paterno, che nel film, in una Venezia che sembra affacciarsi all’estate, gira per la città in carrozzella spinto dalla figlia.
Toni Negri è stato considerato un cattivo maestro come chi in quegli anni ha assunto, solo ideologicamente e non praticamente, posizioni estremiste, extraparlamentari e oltranziste in un pensiero di rivoluzione che accompagnò questi studiosi, Negri compreso, fino alla fine della loro vita. Ma nonostante tutto questo è stata chiara la sua presa di distanza dalle Brigate Rosse.