di Enya Baroux, Francia, 2025, 97′
con Hélène Vincent, Pierre Lottin, Juliette Gasquet, David Ayala, Henock Cortes
Malata terminale stanca di curarsi, l'ottantenne Marie ha scelto di recarsi in Svizzera per sottoporsi alla procedura del suicidio assistito. Incapace di dire la verità al figlio Bruno, volenteroso ma inconcludente e senza una lira, e alla nipote adolescente Anna, si confida invece con il rude ma gentile assistente sanitario Rudy, il quale si ritrova suo malgrado alla guida del camper che porterà tutta la famiglia verso la Svizzera, dopo che Marie ha raccontato la bugia di eredità da riscuotere. Riuscirà la donna, amorevole ma inflessibile nella sua decisione, a dire la verità alle persone che ama e Rudy a dare una direzione alla sua vita?
Sarebbe una menzogna non vedere Buon viaggio, Marie come un film militante, poiché mentre lo scrivevo mi sono avvicinata
all’Associazione per il Diritto di Morire con Dignità (ADMD) per verificare di non allontanarmi dalla loro realtà. Se ho un po’
poetizzato, non volevo assolutamente cadere nell’idea che il suicidio assistito fosse un’opportunità fantastica, molto ccessibile e facile, in cui si scompare con una grande risata. Ho optato per un tono neutro e pudico, ma che, spero, aprirà la discussione. La domanda sarebbe: come essere liberi di scegliere la fine della propria vita?
ENYA BAROUX, dal pressbook del film
Quinlan.it - Un film di viaggio che non cerca una meta ma un modo di stare insieme: Buon viaggio, Marie assume il fine-vita come pratica di prossimità, spostando la questione dall’aula del principio alla quotidianità dei gesti (la cucina, il sedile, i corridoi) dove le parole maturano finché trovano peso. La menzogna iniziale non serve a ingannare: guadagna tempo, protegge lo spazio in cui la verità può essere detta senza fratture. Il road movie diventa dispositivo etico: il camper impone una geografia della vicinanza, la strada organizza i silenzi, gli autogrill funzionano da anticamere del vero; la frontiera, quando arriva, non fa spettacolo, chiede esattezza. La commedia resta sobria, porosa: non alleggerisce, lascia passare aria. L’eutanasia non viene esibita ma accompagnata; l’ellissi finale non sottrae, restituisce la misura più onesta dell’addio. Ciò che rimane allo spettatore non è un verdetto ma un compito discreto: stare accanto senza sottrarre, nominare con precisione, accettare che la dignità non cancella il dolore. Lo orienta.
Coming Soon - Complicità e nodi irrisolti, equivoci e buffi incontri, tutto l’armamentario è messo in campo da Baroux, fra topi come animali di compagnia e un’adolescente che diventa adulta mettendo in crisi il padre, completamente incapace a supportare una ragazza adolescente. L’alchimia di gruppo funziona bene grazie ad attori adorabili e certo lontani dalla’immagine patinata dell’avvenente protagonista, ma soprattutto per la straordinaria energia e dolcezza di Hélène Vincent, che dopo il film di Ozon conferma di vivere una nuova giovinezza, cavalcata con intelligenza dal cinema francese. Proprio per questo film è stata premiata come miglior attrice nel principale festival dedicato alla commedia nazionale, all’Alpe d’Huez.