di Bogdan Muresanu, Romania, Serbia, 2024, 138′
con Adrian Vancica, Andrei Miercure, Nicoleta Hâncu, Emilia Dobrin, Marian Adochitei
È il 20 dicembre 1989 e il regime di Ceaușescu è agli sgoccioli. L’esercito reprime violentemente una rivolta a Timișoara, ma le notizie che arrivano a Bucarest sono scarse e filtrate. Sei persone si trovano nell’occhio del ciclone senza rendersene
conto. Un regista televisivo deve trovare un modo per salvare il suo show di Capodanno dopo che l’attrice principale è fuggita. La soluzione sta in un’attrice teatrale in crisi che non riesce a contattare il suo ex fidanzato a Timișoara. Nel frattempo, il figlio del regista, uno studente, pianifica di fuggire in Jugoslavia nuotando attraverso il Danubio. A sorvegliarlo c’è un ufficiale della polizia segreta Securitate, che cerca di trasferire la madre dalla casa destinata alla demolizione a un nuovo appartamento che lei detesta. Il trasloco è eseguito da un operaio, che va nel panico dopo che il figlio scrive una lettera a Babbo Natale in cui rivela che il padre vuole la morte di Ceaușescu. Tutte queste vite, sotto la costante e invisibile sorveglianza della Securitate, si intrecciano in una tragicommedia che culmina con lo scoppio di un petardo nelle mani di una coppia improbabile, dando il via alla rivoluzione.
«Il regime di Ceaușescu è stato raccontato da molti registi rumeni, io volevo dare la mia interpretazione con un tono completamente diverso, al limite della tragicommedia.
C’è un lieto fine, ma tutti i personaggi attraversano prove personali, alcune assurde, altre puramente comiche, nell’arco di un giorno e la mattina seguente. Ho sentito che il mio approccio era abbastanza originale da essere considerato una nuova prospettiva sulla rivoluzione, come una narrazione caleidoscopica: una storia a più trame con numerosi personaggi le cui storie si intrecciano nel film. Mi interessava come affrontano la sensazione di un mondo che svanisce, e l’umanità delle vite ordinarie esposte a grandi eventi storici.»
Bogdan Mureșanu
Hot Corn - Premiato come Miglior film nella sezione Orizzonti dell’81°Mostra del Cinema di Venezia e insignito di tre riconoscimenti (tra cui Miglior Film per la Giuria Giovani e Miglior Attore Protagonista ad Adrian Vancică) all’ottavo Euro Balkan Film Festival, “L’anno nuovo che non arriva” è una tragicommedia che esplora la psicologia collettiva di un Paese in bilico, in cui l’umorismo diventa un modo per raccontare l’assurdità e l’insensatezza del potere.
Sentieri Selvaggi - (...) senza censura, e senza nascondere niente, il tono del film non cade mai in un tono drammatico, anzi trova più di uno spunto di commedia. L’intenzione è esplorare un’enorme linea grigia, quella che conteneva gran parte della popolazione ridotta al silenzio vuoi per collusione o soltanto dalla pavidità, guardare oltre la cortina omertosa, lontano da occhi ed orecchie indiscrete, in quegli spazi dove il sentire diventa sincero. Rinascono la fiducia ed il coraggio di rischiare, gli operai decidono di ribellarsi, le famiglie riuniscono le proprie forze dopo un istante di sospetto e si creano delle coscienze critiche. Bogdan Mureşanu trova nel suo terzo lungometraggio un ottimo equilibrio tra le parti superando le difficoltà della narrazione polifonica, lasciando alla Storia il compito di fare da trait d’union.
Quinlan.it - Bogdan Mureşanu ne costruisce l’andamento come un crescendo musicale polifonico che ad ogni giro si fa sempre più potente, fino all’esplicita esplosione extradiegetica del Bolero di Ravel su cui sapientemente tarerà il proprio ritmo il grande e definitivo crescendo finale della mattina del 21, dopo il quale ci sarà spazio solo per le immagini d’archivio, per le statue abbattute, per i ritratti bruciati, per le feste in strada con le bandiere tagliate, e infine per un estratto del reale special televisivo di Capodanno la cui messa in onda venne cancellata come un colpo di spugna dal cambio improvviso della Storia. Pronto a seguire i titoli di coda come ultima sorpresa di un film avvincente e multiforme, realmente per tutti in una narrazione che nonostante i suoi 138 minuti letteralmente vola annullando ogni percezione del tempo, e che a ogni tensione, a ogni paura e a ogni ricatto messi in scena, veri e propri punti focali di un’opera prima che vuole guardare al di là della cortina di silenzio e di (obbligata, impaurita, inevitabile) connivenza, risponde con un paradosso e con una risata.