di Isabel Coixet, Spagna, Italia, 2025, 120′
con Alba Rohrwacher, Elio Germano, Silvia D'Amico, Galatéa Bellugi, Francesco Carril
Dopo quello che sembrava un banale litigio, Marta e Antonio si lasciano. Marta reagisce alla rottura chiudendosi in sé stessa. L’unico sintomo che non può ignorare è la sua improvvisa mancanza di appetito. Antonio, chef in rampa di lancio, si butta sul lavoro. Eppure, sebbene sia stato lui a lasciare Marta, non riesce a dimenticarla.
Quando Marta scopre che la mancanza di appetito ha più a che fare con la propria salute che con il dolore della separazione, tutto cambia: il sapore del cibo, la musica, il desiderio, la certezza delle scelte fatte.
Tre ciotole è l'adattamento dell'ultima raccolta di racconti di Michela Murgia.
“Tre ciotole” è anche un’occasione per tornare su alcuni dei temi che mi hanno interessata di più fin dall’inizio della mia filmografia. Come in “La mia vita senza me”, anche qui ci avviciniamo alla morte, ma da una prospettiva diametralmente opposta, quasi un capovolgimento di quell’approccio. Se lì avevamo strutturato la narrazione intorno all’impegno di costruire un’eredità, qui l’abbiamo incarnata in una protagonista senza eredi che, tuttavia, riesce a trovare il suo modo di vivere proprio quando non ha più nulla da perdere. “Tre ciotole” mi offre ancora una volta l’opportunità di esplorare alcuni dei miei motivi cinematografici preferiti: la musica e la gastronomia. Nel primo caso, con il desiderio di avvicinarmi a ciò che ascoltano le nuove generazioni, ai fenomeni e all’iconografia che costruiscono la loro identità — qui, specifici idoli del K-pop. Nel caso del cibo, ponendo l’attenzione ancora una volta sui contrasti tra alta cucina e street food, come un altro modo per definire gli archi di ciascun personaggio.
Il cibo è anche una metafora della vita e della sua data di scadenza.
Voglio che il pubblico, uscendo dalla visione di “Tre ciotole”, si renda conto che qualunque cosa voglia realizzare nella propria vita, il momento per farlo è ADESSO.
- Isabel Coixet, regista e sceneggiatrice -
Mymovies - La regia di Coixet è fatta di momenti, tessere di un mosaico che trova la sua definizione solo alla fine, e la sceneggiatura, della stessa Coixet e di Enrico Audenino, ha la delicatezza di una fiaba, e allo stesso tempo quell'onestà cruda che era la cifra esistenziale e comunicativa di Michela Murgia. L'invito è a "smetterla di occuparsi delle cose stupide" e a "fare della propria vita ciò che vogliamo", fregandosene di quello che pensa la gente. Si esce dalla visione del film non tristi, ma motivati a non sprecare neanche un minuto in stronzate, o con gente che non ci piace e che ci fa sentire soli.