di Brady Corbet, Gran Bretagna, 2024, 215′
con Adrien Brody, Felicity Jones, Guy Pearce, Joe Alwyn, Raffey Cassidy, Stacy Martin, Isaach De Bankolé, Alessandro Nivola, Ariane Labed, Michael Epp
Tre decenni di vita dell'architetto ebreo László Tóth, emigrato dall'Ungheria negli Stati Uniti nel 1947, dopo essere stato detenuto nei campi di concentramento tedeschi. Gli inizi in America sono difficili, per le necessità economiche e l'impossibilità di poter portare con sé la moglie Erzsébet e la nipote Zsofia, ma grazie al cugino Attila, a László viene commissionata la ristrutturazione di una libreria dal milionario mecenate Harrison Lee Van Buren. Il lavoro di Tóth porta prestigio a Van Buren, che decide di affidargli un progetto mastodontico: la costruzione di un centro culturale e luogo di aggregazione, destinato a ospitare nello stesso edificio biblioteca pubblica, palestra e cappella. Durante il lavoro Tóth incontra molte difficoltà, per le diffidenze verso gli stranieri e per i continui tentativi di alterare il suo progetto originario, ma pur di difendere strenuamente il suo lavoro, arriva a investirvi parte dei propri profitti.
Quinlan.it - La durata espansa di The Brutalist è indissolubilmente legata alla sua natura, all’idea di cinema di Corbet, a questa rispecchiante ricerca e messa in scena della grandiosità, espressa in tutte le direzioni artistiche possibili. La libreria costruita per Van Buren, il successivo grande progetto apparentemente interminabile, la cava dei marmi di Carrara: tutto è smisurato ma mai superfluo, segnato da una necessità che è anche – si chiarirà alla fine – personale, politica, storica. Il peso dell’architettura di László Tóth, la sua portata, è una questione intima quanto collettiva, personale quanto storica: nell’erigere questo gigante di acciaio e cemento armato (che è poi uno dei grimaldelli più subdoli del Capitale), Tóth sacrifica se stesso, il suo rapporto con la moglie Erzsebet (Felicity Jones) e i pochi amici, per lasciare un segno indelebile e gigantesco sul suolo statunitense. Un controcampo di quella Statua della Libertà così ingannevole, simbolo di quel sogno americano che ha ridotto in cenere le speranze di molti – resta sullo sfondo, invece, la questione dell’altra terra promessa, l’Israele della nipote Szofia: in tal senso, The Brutalist sprigiona un lucido antiamericanismo, lasciando fuori fuoco Sion e dintorni.
Cineforum.it - La parabola del protagonista di The Brutalist, tra orrore e bellezza, elevazione e dannazione, traccia una possibile storia della lotta tutta americana tra spirito e materia, tra storia e idealismo. Le ambizioni di Corbet sono per questo enormi, e così è lo stile del suo film, girato in 70mm Vistavision, lungo tre ore e mezza, diviso in tre capitoli più un prologo, un intervallo e un epilogo ambientato alla Biennale di Venezia del 1970, con la camera perennemente mobile a inseguire i personaggi o ad abbandonarli in campi lunghissimi, con un talento a tratti stupefacente per la capacità di immergere lo spettatore nello spirito del tempo, nei colori e negli umori dell’America uscita vittoriosa dalla guerra.
Filmtv - The Brutalist - come progetto estetico - pare volere ambire a sembrare vero, assumere su di sé le stimmate delle possibilità del vero, e di conseguenza tenta anche di assumere le conseguenze produttive ed economiche di tale decisione (e, probabilmente, la risoluzione del formato 70 mm VistaVision). Proprio come l’architetto del film che tenta - con le sue sculture - di modificare il principio di percezione del mondo attraverso una “mostruosità” dichiarata come tale ma presentata come “arte”. Come un processo di partenogenesi cronenberghiana, escludendo la matrice biologica, The Brutalist mette in scena una “rabbia della forma” assecondando un “metodo pericoloso” che permette a Tóth di muoversi come un ragno (spider) nella tela dei suoi fantasmi mentali. Non è un caso che il film si presenti con tunnel, antri, cave e spazi angusti, quasi a volere suggerire quest’urgenza di qualcosa che vuole uscire - come penetrando verso il fuori, in un moto che nella pulsione centrifuga anela già il movimento opposto.