di Roberto Delvoi, Italia, 2024, 74′
con Enrico Gabrielli, Sebastiano De Gennaro, Francesco Fusaro, Marcello Corti
Un viaggio musicale senza meta quello raccontato nel film ”Asfalto Che Suona" che tenta di definire il ruolo della collana musicale audace, sperimentale e (anti)classica del collettivo 19’40”che pubblica da anni dischi solo ed esclusivamente su abbonamento.
I fondatori Enrico Gabrielli, Sebastiano De Gennaro e Francesco Fusaro, assieme al direttore d’orchestra Marcello Corti, raccontano il proprio lavoro in un documentario on the road.
Il film ripercorre gli ultimi lavori del collettivo tra il 2023 e il 2024 tra performance dal vivo, registrazioni in studio con l’intento di stimolare la conversazione sulla stato della musica oggi.
Asfalto Che Suona' è l'esplorazione di un percorso umano e musicale che a ben vedere annulla tutti i confini di genere e stili mettendo al centro della narrazione il gesto artistico, unico vero elemento capace di stimolare una pacifica e creativa convivenza sociale.
Al termine della proiezione seguirà performance degli esecutori di Metallo su Carta.
Roberto Delvoi è un regista italiano. Nel 2017 fonda Ipnose Studio, specializzato nella realizzazione di video commerciali ed aziendali. A partire dal 2018 dirige i cortometraggi Aktionist, seguito poi da On Peut Le Fair - Ben Vautier Et Ses Vérités e Eric Andersen: Story of Fluxus and The Banner. Il suo primo lungometraggio è Conz - L’ultimo collezionista (2021).
CineClandestino - Al termine della X edizione di SEEYOUSOUND International Music Film Festival, la giuria del Premio Miglior Film Italiano, selezionato tra tutti i film in programma dai giurati Benedetta Pallavidino, Sebastiano Pucciarelli e Alberto Spadafora, ha assegnato due premi uno dei quali è proprio il Best Italian Movie – SYSX – lungometraggio andato ad ASFALTO CHE SUONA. UN VIAGGIO SENZA META DI 19’40’’ di Roberto Delvoi.
Ed ecco la motivazione espressa dalla giuria: “Per la volontà di esplorare, attraverso il ritratto dei protagonisti, il valore della cultura della musica, intesa come espressione di curiosità che annulla confini, generi, metodi e regole.”
Aver recuperato il vincitore solo in seguito, sullo schermo piccolo di un PC, è per noi motivo di un ulteriore rimpianto: non aver potuto partecipare alla performance musicale programmata a Torino dopo la proiezione del documentario di Roberto Delvoi, così da vedere (e sentire) in azione la crew della collana 19’40” composta da Enrico “Der Maurer” Gabrielli, Sebastiano De Gennaro, Francesco Fusaro e Marcello Corti; i quali hanno riproposto per l’occasione musiche di Berio, Reich, Eastman, Stockhausen, Andriessen e molto altro ancora.
La curiosità è venuta naturalmente perché il DOC stesso, col suo andamento rapsodico e simpaticamente anarcoide, ci ha permesso di familiarizzare coi tanti aspetti della ricerca musicale che tali artisti portano avanti a 360° ormai da diversi anni, sperimentando sonorità nuove anche a partire dai classici, intervenendo poi in modo ammirevole sul piano sociale attraverso la partecipazione dei più piccoli ad eventi concepiti per loro: tra i momenti più belli del film l’esibizione assieme a quei bambini, precedentemente invitati a costruire semplici strumenti musicali con materiali di recupero.
Ecco, dall’aspetto così “concreto” e materico della loro produzione musicale all’originale rivisitazione di opere classiche, dal rapporto estremamente creativo con la musica elettronica all’interesse per ciò che viene composto quale colonna sonora di un videogame, sono tantissimi i sentieri percorsi durante l’eccentrico documentario “on the road”. Già, on the road, perché le varie attività legate alla collana di musica (anti)classica 19’40’’ sono intervallate da lunghi camera car. Uno zigzagante percorso in macchina tra i vari generi musicali, a tratti persino troppo verboso (ma glielo perdoniamo senz’altro per i contenuti sempre interessanti), che per i fondatori del gruppo è diventato occasione di esporre alcuni rivoli della loro sperimentazione sonora e con essa aspetti ugualmente curiosi, personali del proprio carattere. Tant’è che se si potesse interagire con lo schermo, avremmo chiesto volentieri a uno dei musicisti alla guida se il minuscolo personaggio appeso nell’auto al posto del classico arbremagique fosse proprio Ultraman, come da noi supposto, o qualche altro supereroe dell’immaginario nipponico!
Stefano Coccia