di Kore'eda Hirokazu, Giappone, 2023, 126′
con Sakura Andô, Eita, Soya Kurokawa, Hinata Hiiragi, Mitsuki Takahata
Minato, 11 anni, vive con sua mamma vedova e inizia a comportarsi in modo strano, tornando da scuola sempre più avvilito. Tutto lascia pensare che il responsabile sia un insegnante, così la madre si precipita a scuola per scoprire cosa sta succedendo…
Cineforum.it - Lo si potrebbe chiamare “prospettivismo koreediano”, quel tipico dispositivo che vediamo all’opera in molti dei suoi film secondo cui un oggetto o una storia, di cui credevamo di sapere tutto, cambia profondamente la propria natura nel momento in cui il punto di vista si sposta. (...) È forse per quello che Kore’eda è sempre stato interessato a quella forma di verità fittizia che è la verità processuale, in cui la realtà deve essere discorsivizzata e dove spesso – in quella selva di paradossi che è linguaggio – le cose si scambiano di posto e si invertono (come in Third Murder), lasciandoci smarriti a cercare di capire che cos’è appunto, la verità.
Rolling Stone - Quelli di Hirokazu Kore’eda non sono film. È uno “stare nel” cinema, accomodarsi, vedere dove ti portano le cose, dove ti porta lui. Sono una specie di corpus unico e sempre più allargato, come le famiglie che racconta. Un manifesto etico e poetico, un mondo alternativo ma non da intendersi nel senso di distopico, come usa oggi, se mai sempre più vero del vero (...) e il cinema per lui è l’eterno racconto della famiglia e delle sue contraddizioni, contaminazioni, delle mille forme che può prendere quello che resta un solo amore, anche se a volte impossibile, non imbrigliabile in una gabbia sola. Il paragone è sempre stato col cinema – anche quello uno “stare nel” cinema – di Yasujirō Ozu, il più grande di tutti, e non è ovviamente sbagliato. E però l’idea di famiglia di Kore’eda, sarà l’età (sua e del suo, del nostro mondo), si sta facendo di film in film sempre più imprevedibile, articolata, anche complessa. Nell’Innocenza si vede più che mai.
MyMovies.it - Una storia, tre punti di vista, anzi no, quattro, e altrettante, forse ancora di più, posizioni da cui guardare la realtà: dalla prospettiva dei piedi di un bambino su cui il film si apre; dal balcone ai piani alti di un palazzo mentre un edificio vicino va a fuoco; dal sedile di un'auto mentre si parcheggia in retromarcia; dalle scale di una scuola; davanti a una persona a cui si sta chiedendo scusa con un inchino...
Prima che un grande narratore delle dinamiche relazioni, familiari e istituzionali, Koreeda è un grande regista e anche in questo suo nuovo Monster inserisce i cinque protagonisti - Minato e sua madre Saori, il professor Hori, la preside Makiko e il piccolo Yori - all'intero dei loro spazi - le case, la scuola, un tunnel, un rifugio nei boschi - e dà valore soprattutto ai loro movimenti, ai loro sguardi, agli oggetti che li definiscono, alle parole che usano e che vengono fraintese, usate, manipolate.