di Justine Triet, Francia, 2023, 150′
con Sandra Hüller, Swann Arlaud, Milo Machado Graner, Antoine Reinartz, Samuel Theis.
Samuel viene trovato morto, sepolto nella neve fuori dallo chalet isolato dove viveva con la moglie Sandra, scrittrice tedesca, e il figlio di 11 anni non vedente, Daniel. L'inchiesta si conclude con il verdetto di "morte sospetta": impossibile sapere se Samuel si sia suicidato o se sia stato assassinato. Sandra viene comunque incriminata d'ufficio e il processo diventa una dissezione clinica della storia della coppia. Al contempo, Daniel è combattuto e il dubbio comincia a insinuarsi nel rapporto tra madre e figlio.
NOTE DI REGIA di Justine Triet
Il film vuole sollevare delle domande importanti sulla reciprocità, sulla fiducia e sulle dinamiche di un rapporto di coppia. La protagonista, Sandra Voyter, è una scrittrice di successo, mentre suo marito, anche lui scrittore, si dedica di più all’insegnamento e all’homeschooling per il figlio non vedente: già da qui capiamo che il tradizionale schema di una coppia ha i ruoli invertiti. La ricerca da parte di Sandra della propria libertà e la sua volontà forte creano uno squilibrio nella relazione e il film ci invita a mettere in discussione le nostre nozioni preconcette di democrazia in un rapporto di coppia e come questa possa essere danneggiata da impulsi di sopraffazione e di rivalità. Nonostante le loro difficoltà, l'idealismo dei due protagonisti e il rifiuto di rassegnarsi a una situazione tutt'altro che perfetta resta ammirevole: anche nelle loro discussioni e nelle loro trattative continuano almeno a essere onesti l'uno con l'altro, rivelando in questo un amore profondo che persiste nonostante le sfide.
Ho scritto il film con il mio compagno, Arthur Harari, condividendo ogni scelta. Inoltre ci siamo affidati alla consulenza di un avvocato penalista per gli aspetti più tecnici del processo. Anche per il modo in cui funziona la giustizia in Francia, ho preferito un approccio diverso dalla spettacolarizzazione dei drammi giudiziari americani: il ritmo è meno frenetico e ho deciso di mantenere uno stile diretto e senza abbellimenti. Non volevo un film troppo rifinito e prevedibile.
FilmTv - Un film sul potere e i poteri dietro le parole: non udite nel baccano della musica, registrate di nascosto per trovare quelle di un libro, dette in inglese da una tedesca e da un francese, manipolate per uno psicanalista, ricordate, forse scelte, da un bimbo. Il secondo film processuale del festival (di Cannes) è un’opera che mette in luce i discorsi precostituti intorno al ruolo e al corpo della donna nel rapporto di coppia. Cercando la complessità, non la verità.
Cineuropa.it - Estremamente abile nel dosare le atmosfere, Justine Triet dipinge un quadro estremamente accurato che descrive la linea sfocata tra le teorie della manipolazione e la natura sinceramente complessa del caso. Garantendo la credibilità, l'accessibilità e la natura realistica del suo approccio sofisticato e unico, la regista (che ha scritto la straordinaria sceneggiatura con Arthur Harari) firma un'opera di altissimo livello, esplorando anche la linea sottile che separa il reale dall'immaginario (l'eroina è una scrittrice), così come lo sguardo degli altri, l'influenza delle immagini e il nostro istinto protettivo. Questi temi, insieme a molti altri, vengono esaminati e intrecciati in un film incantevole di una ricchezza prodigiosa, tanto sottile quanto potente.
Quinlan.it - Punti di forza sono invece il ribaltamento graduale della posizione femminile, lontanissima dall’essere vittima e imputata in una situazione da cui in ogni caso non si esce immacolati, e la scoperta inesorabile della psicologia di Sandra, personaggio molto ben scritto. Alcune scene, come già accennato, sono notevoli: l’incipit, la lite con il marito e la sequenza in cui Daniel decide di intervenire attivamente. Il finale, intrigante, non solleva lo spettatore dal continuare a interrogarsi: il verdetto sulla donna emerge più da un bisogno che da una prova.