di Luca Guadagnino, Italia, Francia, USA, Brasile, 2017, 132′
con Armie Hammer, Timothée Chalamet, Michael Stuhlbarg, Amira Casar, Esther Garrel.
Estate 1983, tra le province di Brescia e Bergamo, Elio Perlman, un diciassettene italoamericano di origine ebraica, vive con i genitori nella loro villa del XVII secolo. Un giorno li raggiunge Oliver, uno studente ventiquattrenne che sta lavorando al dottorato con il padre di Elio, docente universitario. Elio viene immediatamente attratto da questa presenza che si trasformerà in un rapporto che cambierà profondamente la vita del ragazzo.
Luca Guadagnino, con la collaborazione di Walter Fasano e di James Ivory, si è ispirato al romanzo omonimo di André Aciman per chiudere l'ideale trilogia sul desiderio iniziata con Io sono l'amore e proseguita con A Bigger Splash.
Cineforum.it. Delle tre canzoni di Sufjan Stevens che si ascoltano in Call Me by Your Name, ce n'è una non inedita, Futile Devices, che nel finale dice così: But you are life I needed all along / I think of you as my brother / Although that sounds dumb / And words are futile devices.
Ecco, l'amore raccontato nel film è un amore di questo tipo, un amore così assoluto da diventare fraterno, tutta la vita di cui i due ragazzi protagonisti hanno bisogno. La bellezza che Guadagnino contempla è una bellezza idealizzata, situata ovunque, nelle statue greche dei titoli di testa, in un monumento ai caduti in una cittadina della bassa lombarda, in un paesaggio di campagna depurato da ogni segno di industrializzazione, in un ciondolo a forma di stella di David. Il corpo dei personaggi (in particolare quello scolpito di Armie Hammer, che interpreta Oliver, un trentenne americano in vacanza in Italia nella villa del suo professore di archeologia, americano anche lui, sposato con una francese con origini italiane e padre del diciassettenne Elio) viene dopo una contemplazione visiva e intellettuale che appartiene a tutti i personaggi ed è l'espressione di un puro e semplice desiderio.
Quinlan.it. Guadagnino racconta di un’esperienza che fa parte dei ricordi adolescenziali di tutti, il flirt estivo, evitando però il contesto più comune della spiaggia sotto gli ombrelloni. In questo senso Guadagnino cambia l’originale ambientazione nella riviera ligure del romanzo di André Aciman. In favore di un contesto padano, della verde Lombardia che dirada verso l’Emilia, con escursioni nella bergamasca, sotto quel cielo di manzoniana memoria, in quella terra cara alla poetessa Antonia Pozzi, citata nel film. I sentierini di campagna tra i campi di mais, tra cinguettii degli uccelli, il frinire delle cicale, i muggiti delle mucche. In quei paesini all’ombra di un imponente campanile, con le vecchie drogherie e i bar semplici con i tavolini in piazza dalla tovaglia a scacchi dove i vecchietti giocano a carte. Il contesto per mettere in scena l’esplosione dei sensi, tra corpi in costume da bagno immersi nell’afa, abbagliati dal sole cocente. A differenza del giovanissimo Elio, noi siamo consapevoli che l’estate stia finendo, che tra poco ci sorprenderà l’inverno. E che quell’avventura diventerà ben presto solo un malinconico ricordo. Calligrafico ed estetizzante, Guadagnino arruola alla sceneggiatura un regista che è stato grande evocatore di atmosfere letterarie e manieriste, il più che novantenne James Ivory, si divincola tra Ai nostri amori di Pialat e Io ballo da sola di Bertolucci. Con una cura maniacale nella costruzione dell’immagine, abbina la maglietta di Olivier al colore del vecchio torpedone delle valli bergamasche, lucidissimo, e poi a quello del trenino. Mostra una gran padronanza dei meccanismi spettatoriali, sa colpire, e colpirsi, nei punti giusti, scavando nei nostri e nei suoi amarcord, in quello che è il suo film più personale e sentito.
Mymovies.it. La collocazione temporale costituisce di fatto soprattutto un indice di rispetto nei confronti dell'autore letterario che ha offerto la materia prima per un rinnovato percorso nello spazio e nei suoni attraverso i corpi. Perché Guadagnino ha raggiunto l'eccellenza nell'ambito del cinema italiano e internazionale nel far 'agire' gli spazi. Non solo la villa settecentesca in cui i Perlman vivono ma ogni singolo edificio, ogni portone, si potrebbe dire ogni muro dei luoghi che vengono attraversati dalla vicenda acquisisce una sua ragion d'essere divenendone parte integrante. Perché é di una bellezza classica che qui si parla fin dai titoli di testa e con il ritrovamento della statua nel lago, una bellezza che non resta ancorata nella polvere della storia o dell'archeologia ma si traduce, per l'adolescente Elio, in un corpo, in una persona.