di Marco Bellocchio, Italia, 2023, 134′
con Enea Sala, Leonardo Maltese, Paolo Pierobon, Fausto Russo Alesi, Barbara Ronchi
Bologna, 1858. Edgardo Mortara, un bambino ebreo di quasi sette anni, viene sottratto alla sua famiglia e consegnato al "Papa Re" Pio IX. La motivazione ufficiale fornita dal Diritto canonico è che a sei mesi il bambino era stato battezzato e dunque non può che ricevere dalla Chiesa un'educazione cattolica che lo "liberi dalle superstizioni di cui sono imbevuti gli ebrei". I genitori di Edgardo, Momolo e Marianna, non si rassegnano e continuano a cercare di riavere il figlio, sollevando un caso internazionale che vedrà schierati contro il Papa la comunità ebraica mondiale, la stampa liberale e persino Napoleone III. Ma Pio IX non teme la disapprovazione di nessuno, rispondendo alle richieste di restituire Edgardo alla sua famiglia con un "non possum" e il sorriso serafico di chi si ritiene al sopra delle umane regole. E nonostante il clima sia quello risorgimentale la Chiesa rimane inamovibile, contando sulla sua sedicente inviolabilità.
MyMovies - La fonte letteraria è "Il caso Mortara" di Daniele Scalise, cui si ispira la sceneggiatura di Bellocchio e Susanna Nicchiarelli, e la perfetta ricostruzione di quel tempo (lo scenografo è Andrea Castorina) è ricca di dettagli che ci calano in quel mondo controllato da un potere temporale ubiquito. E l'antisemitismo della Chiesa si manifesta con virulenza, tanto che il Papa arriverà a minacciare il capo della comunità romana di "costringere gli ebrei a tornare nel loro buco", risigillando la porta del ghetto. Ma al di là dell'aderenza storico-politica e dei contrasti religiosi, questa storia è fatta per Bellocchio perché racconta il trauma esistenziale di un'identità negata, e le storture che tale diniego provoca nella vita degli uomini. Ben tre volte (il che equivale ad una sottolineatura indelebile), il montaggio parallelo di Francesca Calvelli e Stefano Mariotti incatena situazioni opposte: una sessione di preghiere incrociate, l'una che spera, l'altra che inchioda il bambino al suo destino (quando la scena più bella del film è quella in cui il piccolo Edgardo toglie i chiodi dal corpo di Gesù "ucciso dagli ebrei"); un verdetto di tribunale e una cerimonia confirmatoria; un ostinato "ora pro nobis" e un'irruzione della Storia laica.
Quinlan - C’è una profondità emotiva in Rapito di fronte alla quale è impossibile rimanere immoti, una vertigine che è sempre quella del salto nel vuoto, un diavolo in corpo che non può essere eradicato. Si vede nell’immagine del fratello “ritornante” l’impossibilità di Bellocchio di ricongiungersi al gemello perduto, o forse di sé stesso che dopo aver abbandonato Bobbio è stato “corrotto” dal dogma del cinema, e di Roma. Nel profondo misterico del sogno Bellocchio si inabissa attraverso uno sguardo laico, puro, che non necessita di sovrastruttura alcuna. Edgardo Mortara morirà novantenne in convento, dopo una vita da prete, senza più nessuna famiglia, e senza più nessun Cristo da liberare dalla sua pena. E non farà mai più bei sogni.