di Hlynur Palmason, Danimarca, Islanda, Francia, Svezia, 2022, 138′
con Ingvar Eggert Sigurdsson, Fridrik Fridriksson, Ísar Svan Gautason, Elliott Crosset Hove, Vic Carmen Sonne, Jacob Lohmann, Hilmar Gudjónsson, Ida Mekkin Hylnsdottir
Alla fine del XIX Secolo, un giovane prete danese raggiunge una remota regione dell’Islanda per costruire una chiesa e fotografare i suoi abitanti. Ma più si addentra in quel paesaggio spietato, più si allontana dal suo obiettivo, dalla sua missione e dai suoi principi morali.
COMMENTO DEL REGISTA
GODLAND esplora i legami familiari, l’accettazione del mito o di una sorta di magico realismo.
Questo film parla anche di un viaggio nell’ambizione, nell’amore, nella fede e nel timore di Dio.
Parla del bisogno e della volontà di trovare il proprio posto all’interno di tutto ciò, di essere visti e di far parte di qualcosa.
Parla della comunicazione, dell’aspetto straniante del dialogo e del modo in cui comunichiamo, o piuttosto, della nostra difficoltà nel comunicare.
Parla di conflitti interiori ed esteriori.
Parla dell’umanità e della natura e di come questi due estremi collidano, attraverso l’uomo, gli animali e il mondo che ci circonda.
Alla fine ho compreso che questo film parla soprattutto di ciò che ci divide e di ciò che ci unisce. E mi ha sorpreso scoprire che, in definitiva, la morte potrebbe essere l’unica cosa che ci accomuna. È questo il nucleo del film, il suo cuore pulsante.
MyMovies.it - Non è soltanto la sua opera migliore e più ambiziosa, ma è anche uno dei titoli più importanti del recente panorama europeo. Diviso in due parti ben distinte, Godland ripete il motivo del dualismo attraverso una serie di congiunzioni mai armoniche: movimento e stasi, fede e natura, un uomo e la sua nemesi. Di nuovo le metà che cercano una sintesi, ma non senza attrito. Quello di Pálmason è un film ampio e massiccio, che affonda nel terreno e sembra nascere dagli elementi. Tutto è costretto dentro a un formato 4:3 vagamente oppressivo (una "terribile bellezza"), che arriva ad annichilire lo spettatore ma regala una fotografia maestosa.
Sentieri Selvaggi - Fotografato da Maria von Hausswolff che fa risaltare la meraviglia dei paesaggi islandesi, commentato dalle musiche minimaliste di Alex Zhang Hungtai che scandiscono il tempo come una condanna, Godland. Nella terra di Dio è un film sulla inconciliabilità tra il mondo istintuale e quello intellettuale e sul fallimento di un percorso di fede all’interno di un microcosmo selvaggio. Di fronte a tanta terribile bellezza non resta che chinare il capo e deporre l’obiettivo fotografico. L’orrore è un sentimento che deriva dall’impossibilità di controllare la realtà oggettiva che si trasforma in caos. Polvere alla polvere, la terra è bagnata dalle lacrime di una bambina, nelle chiese i sermoni vengono interrotti dall’abbaiare incessante di un cane mentre una croce di legno viene portata via dalle correnti del fiume. There Will Be Blood.
Quinlan.it - Se è la natura a dominare la prima parte del film, grazie anche al ricorso al rapporto d’aspetto di 1.33:1 che rimanda a un cinema d’antan e dunque di scoperta del “meraviglioso”, l’umano con le sue contorsioni mentali e sentimentali occupa lo schermo in modo assoluto nella seconda. Il western entra dunque in dialettica con Dreyer e Bresson, sia nella forma che nell’indagine spirituale, con il tema centrale dell’impossibilità di un dialogo concreto che raggiunge l’acme drammatico fino al punto di non ritorno. Godland è un film ambizioso, coraggioso, che sa lasciare senza fiato e avrebbe forse meritato un’attenzione maggiore da parte di una giuria, quella di Un certain regard, che non lo ha ritenuto degno neanche di menzione.