di Francesca Archibugi, Italia, 2022, 126′
con Pierfrancesco Favino, Kasia Smutniak, Bérénice Bejo, Laura Morante, Sergio Albelli
È il racconto della vita di Marco Carrera, “il Colibrì”, una vita di coincidenze fatali, perdite e amori assoluti.
La storia procede secondo la forza dei ricordi che permettono di saltare da un periodo a un altro, da un’epoca a un’altra, in un tempo liquido che va dai primi anni ‘70 fino a un futuro prossimo.
È al mare che Marco conosce Luisa Lattes, una ragazzina bellissima e inconsueta. Un amore che mai verrà consumato e mai si spegnerà, per tutta la vita. La sua vita coniugale sarà un’altra, a Roma, insieme a Marina e alla figlia Adele.
Marco tornerà a Firenze sbalzato via da un destino implacabile, che lo sottopone a prove durissime. A proteggerlo dagli urti più violenti troverà Daniele Carradori, lo psicoanalista di Marina, che insegnerà a Marco come accogliere i cambi di rotta più inaspettati.
Il Colibrì è la storia della forza ancestrale della vita, della strenua lotta che facciamo tutti noi per resistere a ciò che talvolta sembra insostenibile. Anche con le potenti armi dell’illusione, della felicità e dell’allegria.
Il film fa parte della rassegna di cinema all'aperto UN FILM AL PARCO, Arena di Robbiate.
ComingSoon - Francesca Archibugi non si tira indietro di fronte alla complessità del libro di Giovanni Veronesi, diventato per molti un testo guida durante il lockdown, e rispetta la sua struttura temporale dando al racconto un ritmo veloce che a volte impedisce al film di prendere un po' di respiro. Ci sono tante emozioni nel Colibrì, che passano attraverso gli occhi e il corpo di Pierfrancesco Favino, che si mette al servizio del personaggio e in qualche modo lo completa, facendone un eroe calmo attaccato alla vita e ai ricordi.
Anonima Cinefili - Ciò che può sembrare insostenibile, come il dolore più profondo, viene compensato dalle gioie della vita, che a volte si trovano nelle piccole cose, negli oggetti, nelle case ma soprattutto nei cuori di chi le ha vissute. Archibugi nella sua interpretazione del romanzo coglie a tratti questa poetica, concentrandosi principalmente sui soliti dialoghi urlati, la malinconia e lo struggimento del protagonista e le scenografie che sono, anche in questo film, un elemento caratterizzante dello stile della regista.