di Tommaso Landucci, Italia, Svizzera, 2021, 91′
con Filippo Dobrilla
Quale mistero cela questo irraggiungibile capolavoro?
In una grotta delle Alpi Apuane, 650 metri sottoterra, si trova l’opera d’arte più profonda al mondo. È un colosso di marmo, un gigante nudo addormentato nel cuore della terra, al quale lo scultore Filippo Dobrilla ha continuato a lavorare per più di 30 anni in assoluta solitudine nell’oscurità della caverna. Ma cosa spinge un artista a calarsi in uno degli abissi più profondi d’Europa per realizzare la sua opera più ambiziosa, ma inaccessibile agli occhi degli uomini? È questa la domanda alla quale Caveman cerca una risposta, muovendosi fra le segrete passioni giovanili di Filippo, il suo desiderio di isolamento, la sua idea di un’arte pura, senza compromessi. Immergersi nell’oscurità della grotta significa per lui rifugiarsi in un luogo dove può sentirsi libero, protetto e distante dai pregiudizi e dai condizionamenti della società contemporanea.
Evento nella rassegna Beuys senza Beuys 2022 di delleAli teatro.
19 marzo: In difesa della natura
LA PAROLA AL REGISTA
"Ho seguito le sue avventure per più di 4 anni: la nostra relazione artistica si è trasformata in una sincera amicizia, tanto che Filippo mi ha permesso di accedere ai meandri più tortuosi del suo mondo interiore e di seguirlo nel suo viaggio finale, quello della malattia che ha causato la sua scomparsa.
Caveman – Il gigante nascosto è la storia di un uomo il cui mistero rimarrà custodito nel fondo di un abisso, il tributo a un artista eccezionale e a un essere umano complesso".
Quinlan.it - Artista spontaneo, ingenuo, in stretto contatto e dialogo con la Natura, Dobrilla ha scelto di vivere lungamente isolato dal mondo, sulle colline fiorentine, occupandosi al contempo di arte, di allevamento di animali e di coltivazione della terra. In cerca di una sorta di nuovo Eden terrestre, dove i legami tra essere umano e Natura siano ripristinati al livello di una lontana e perduta comunione, l’attività di Dobrilla rifiuta recisamente l’arte impegnata, il mescolarsi con il reale – ammesso che, del resto, la fuga dalla massa e l’adesione a un modello di vita inconsueto, così come il richiamo all’arte classica, non costituiscano essi stessi un implicito e inconsapevole atto politico. (...) Se possiamo parlare di nuova classicità, è anche perché alcune delle opere di Dobrilla costeggiano temi omosessuali o, soprattutto, perché l’artista le concepisce per realizzarle e collocarle nelle profondità di grotte e anfratti apuani. In qualche modo, Dobrilla sembra voler utilizzare le materie prime provenienti dalla zona di Carrara per rielaborarle, dar loro vita e riconsegnarle poi alla Natura alla quale sono state sottratte.
Cineuropa - Dobrilla, come molti uomini nati in una società ancora fortemente patriarcale ed eteronormativa, gioca il gioco perverso della “normalità” senza però veramente nascondere la sua vera natura: introversa, introspettiva, libera da ogni categorizzazione: di genere, sessuale, sociale o altro. Cosciente delle difficoltà legate alla sua posizione di “disoccupato dell’arte che non smetterà mai di scolpire”, per riprendere le sue parole, il protagonista del film si trova comunque costretto a fare i conti, diventandone suo malgrado complice, con un mondo dell’arte ancora poco incline alla sincerità, alla fragilità e alla “diversità”.
MyMovies.it - Dobrilla è infatti una figura interiormente complessa, uno speleologo che ha intrapreso la strada rigorosa del quasi esule da una società di cui non si sentiva parte, per seguire istinti e solitudini, per realizzare le sue passioni: addentrarsi nella profondità della materia di cui è fatta la roccia, e la scultura. Una poetica radicale, che lo riporta alla realtà in quei momenti scelti con i due figli, Melia e Rodrigo, a cui è dedicato il film, e alla moglie Martina.
Filippo fugge in posti dove solo la natura comanda. Quella natura che definisce, col suo accento toscano, educato e pacato che accompagna tutto il film, una "Madre matrigna". Un'entità che lo accoglie, ma che è difficile da affrontare. Tanto da dedicarle l'intera vita e a spegnersi a soli cinquantun anni per una malattia che velocemente lo consuma.