Drive
My
Car

Drive My Car, Ryûsuke Hamaguchi

Drive My Car

di Ryûsuke Hamaguchi, Giappone 179, 2021, 179
con Hidetoshi Nishijima, Tôko Miura, Reika Kirishima, Yoo-rim Park, Dae-Young Jin, Sonia Yuan, Satoko Abe, Masaki Okada, Perry Dizon, Ann Fite

Drive My Car

Trama

Yusuke, un attore e regista di teatro, non si è più ripreso dalla improvvisa scomparsa della moglie, una drammaturga. Due anni più tardi gli viene chiesto di mettere in scena Zio Vanja per un festival ad Hiroshima; lì, gli viene assegnata un'autista, giovane e riservata, con cui, durante i viaggi a bordo della sua Saab 900, finirà con lo stabilire un legame più significativo di quanto si aspettasse.

 

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Regia

Ryûsuke Hamaguchi

Cast

Hidetoshi Nishijima, Tôko Miura, Reika Kirishima, Yoo-rim Park, Dae-Young Jin, Sonia Yuan, Satoko Abe, Masaki Okada, Perry Dizon, Ann Fite

Genere

drammatico

Paese di produzione

Giappone 179

Anno di produzione

2021

Durata

179′

Premi

Festival di Cannes 2021, Miglior sceneggiatura a Ryûsuke Hamaguchi.
Golden Globes 2022, Miglior Film Straniero.
NSFC - National Society of Film Critics Awards 2022, Miglior film, Miglior Regia, Miglior Sceneggiatura, Miglior Attore.

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Calendario

venerdì 4 febbraio 2022
h: 17:30
6,00 € / Intero
4,00 € / Ridotto under 26 e over 65
sabato 5 febbraio 2022
h: 21:00
Versione originale giapponese sottotitolata
6,00 € / Intero
4,00 € / Ridotto under 26 e over 65
domenica 6 febbraio 2022
h: 17:30
6,00 € / Intero
4,00 € / Ridotto under 26 e over 65
martedì 8 febbraio 2022
h: 18:00
6,00 € / Intero
4,00 € / Ridotto under 26 e over 65
mercoledì 9 febbraio 2022
h: 20:30
6,00 € / Intero
4,00 € / Ridotto under 26 e over 65

Recensioni

LA PAROLA AL REGISTA - FilmTv.it

"Ci sono tre ragioni per cui ho voluto realizzare un film basato sul racconto Drive My Car di Haruki Murakami.

La prima è che presenta Kafuku e Misaki descrivendo le interazioni tra i due intriganti personaggi. E queste interazioni avvengono all'interno di un'auto. Tali rappresentazioni hanno stimolati i miei ricordi legati alle conversazioni personali che nascono solo all'interno di quello spazio chiuso e in movimento. Sì, perché è uno spazio in movimento che in realtà non è da nessuna parte e ci sono momenti in cui quel luogo ci aiuta a scoprire aspetti di noi stessi che non abbiamo mai mostrato a nessuno o pensieri che prima non potevamo esprimere a parole.

La seconda è che il racconto ha come tema quello della recitazione. Recitare significa possedere identità multiple ed è una forma di follia socialmente accettata. Farlo come lavoro è ovviamente estenuante e a volte provoca persino crolli. Ma conosco persone che non hanno altra scelta che farlo. E queste persone che recitano per lavoro sono di fatto completate dalla follia della recitazione, che permette loro di continuare a vivere. La recitazione come mezzo per sopravvivere è qualcosa che mi interessa da molto tempo.

L'ultima è dovuta all'ambiguo personaggio di nome Takatsuki e al modo in cui è descritta la sua "voce". Kafuku è abbastanza certo che Takatsuki sia andato a letto con sua moglie prima che morisse e ritiene che non sia un attore particolarmente brillante. Ma un giorno Takatsuki scopre il punto debole di Kafuku: "Se vogliamo vedere veramente com'è fatta un'altra persona, dobbiamo iniziare guardando dentro di noi", dice, e il motivo per cui questo commento abbastanza banale devasta Kafuku è dato dal percepire intuitivamente che è una "verità" a cui non sarebbe mai arrivato da solo. "Le sue parole erano chiare e cariche di convinzione. Non recitava, questo è certo".

Ho pensato: "Conosco voci come la sua. Le ho già sentite nella vita reale". In più, sapevo che una volta sentita una voce del genere, non potevi più essere come prima e che eri obbligato a rispondere a ciò che quella voce ti chiedeva. Il racconto non si spingeva oltre: ho sentito allora che risposta di Kafuku meritava un ulteriore approfondimento.

Quando ho iniziato a lavorare al racconto per trasformarlo in film, il mio obiettivo era quello di lasciare che le varie domande e risposte si sviluppassero come una catena di "voci" contenenti verità per arrivare alla risposta finale di kafuku. Si trattava anche di creare un'esperienza che permettesse al pubblico di percepire continuamente e intuitivamente la verità attraverso la finzione della recitazione.

Riesce il film a farcela? Non lo so. Penso che ci vorrà molto tempo prima che arrivi una risposta.

Ciò di cui sono certo è che il tempo trascorso sul set è stato felice. Tutti i personaggi, a cominciare da Kafuku interpretato da Hidetoshi Nishijima, esprimono dolore, ma quello che ho percepito da ogni attore sul set è stata la gioia di recitare. Quindi, cosa hanno restituito le immagini? Sinceramente, non vedo l'ora di capire come il pubblico interpreterà e reagirà a questo film".

 

Cineforum.it - Tratto da un racconto di Murakami Haruki contenuto nella raccolta Uomini senza donne, Drive My Car non è un film teatrale, e non è un film sul teatro. È un'opera invece di eterni rimandi, dove i chiarimenti sono lasciati in forma di ricerca ininterrotta, e dove il completamento dell'io più irrisolto, del sé più fragile, appartiene alla meravigliosa scoperta di un altro io altrettanto insoluto. Qualcosa di più di un'amicizia: quella tra l'autore teatrale Kafuku Yusuke (Nishijima Hidetoshi) e la sua giovane autista Watari Misaki (Miura Toko) è appunto una reciproca remissione, lui vedovo, lei nel ricordo ingombrante della morte della madre dalla doppia personalità.

 

FilmTv - È un poema luminoso e struggente, in cui vita e arte, realtà e invenzione si aprono reciprocamente e trovano per i personaggi un luogo, un futuro.

 

Quinlan.it - Hamaguchi tesse una tela elegantissima e grondante empatia, cerca in primis lui stesso di comprendere motivazioni e reazioni dei suoi personaggi, e traccia un’elegia delicata e dolcissima alla vita come rappresentazione, ma anche alla rappresentazione come momento di estrema verità, e condivisione. In questo riesce anche ad articolare un discorso sul Giappone intero, spostandosi da Tokyo a Hiroshima, e quindi all’isola di Hokkaidō, nell’estremo e gelido nord. Un viaggio che è perenne ricerca, come lo studio approfondito di un testo teatrale, ma anche i vagheggiamenti orgasmici di racconti erotici, o il sogno/memoria di esser stati, in una vita precedente, della lamprede, i petromizonti con la bocca a ventosa che succhiano il sangue dai pesci per nutrirsi. La ricerca di un senso della vita che è ricerca della propria intimità, accettazione delle zone d’ombra, desiderio di relazione con il mondo esterno. Hamaguchi tocca il vertice della sua finora ancora breve carriera, e Drive My Car testimonia al di là di ogni dubbio l’affermazione di un nuovo autore.

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