L'intrusa

L'intrusa, Leonardo Di Costanzo

L'intrusa

di Leonardo Di Costanzo, Italia, 2017, 95
con Anna Patierno, Gianni Vastarella, Marcello Fonte, Martina Abbate, Raffaella Giordano, Valentina Vannino

L'intrusa, Leonardo Di Costanzo

Trama

Napoli ai giorni nostri. Giovanna è una donna che lavora nel sociale e che si deve confrontare quotidianamente con le problematiche sociali della città. Il centro che dirige offre un luogo protetto in cui crescere e giocare dopo le ore di attività scolastica a bambini che potrebbero finire precocemente a far parte della manovalanza camorristica. Un giorno Maria, madre di due bambini, chiede e trova rifugio, con il consenso di Giovanna, in un monolocale che appartiene al centro. La quale però non sa che si tratta della giovane moglie di un boss della camorra ricercato per un efferato omicidio.
Al suo secondo lungometraggio non documentaristico Leonardo Di Costanzo sfata la regola non scritta secondo la quale a un buon film di esordio ne segue un secondo non alla stessa altezza qualitativa.

Regia

Leonardo Di Costanzo

Cast

Anna Patierno, Gianni Vastarella, Marcello Fonte, Martina Abbate, Raffaella Giordano, Valentina Vannino

Durata

95′

Paese di produzione

Italia

Anno di produzione

2017

Premi

Presentato al Festival di Cannes 2017

Calendario

sabato 28 ottobre 2017
h: 20:30
domenica 29 ottobre 2017
h: 20:30
martedì 31 ottobre 2017
h: 21:30
mercoledì 1 novembre 2017
h: 21:30

Recensioni

 

Mymovies.it  L’intrusa infatti non solo conferma che Di Costanzo sa come entrare nel vivo dei temi che affronta ma che sa girare anche con modalità di ripresa e con scelte di location non ancorate a presunti stilemi obbligati. Chi ricorda L’intervallo troverà qui la stessa sensibilità autoriale veicolata da riprese e montaggio diversi. Di Costanzo acquisisce la fisicità al contempo controllata ed empatica della danzatrice Raffaella Giordano e le affida il ruolo di Giovanna, una donna che quotidianamente deve sottoporre al banco di prova della realtà e del pre-giudizio le sue scelte che sono dettate dall’esigenza di stare vicina ai più deboli. I quali però a loro volta ritengono di avere acquisito uno status che consente loro di ergersi a giudici.

 

Cineforum.it. All’inizio Napoli è la tavola di un graphic novel, un mondo reale trasfigurato in una idealizzazione quieta. Al suo interno c’è uno spazio chiuso, non privo di coordinate geografiche e temporali, ma reso unico, forse inviolabile, dalla sua originalità. Dentro la realtà, fuori dalle sue logiche. È un centro ricreativo per bambini, costruito fra i palazzi periferici dominati dalla camorra; è un doposcuola che regala momenti di condivisioni e divertimento a quelli che saranno gli adulti di domani. È uno spazio rivoluzionario, altro. Di Costanzo vi ambienta tutto il suo film, concedendo pochissimo ad altri luoghi e circoscrivendo al suo interno personaggi e linee narrative del racconto. Nel cortile del doposcuola, negli spazi esterni e interni di una comunità retta da operatori sociali e docenti, la realtà di un mondo dominato dall’illegalità trova un pausa; non un ostacolo ma una sospensione.
Chi è l’intrusa del titolo, la “u” che tarda ad allinearsi alle altre lettere nel lettering iniziale? È la protagonista Giovanna, che attorno al doposcuola ha creato una comunità di adulti e bambini e gestisce i suoi spazi con un rigore e un senso della legalità così radicati da sfociare nel paradosso, o è la comunità stessa, enclave di pace in una zona perennemente in guerra? È la moglie del camorrista, che nel doposcuola ha trovato rifugio con l’inganno, e che lì ha deciso di rimanere nonostante l’arresto del marito, o la sua bambina di dieci anni, rabbiosa e scontrosa, ma desiderosa come tutti di attenzione? O forse, ancora, è quella bambina gentile che frequenta il centro ricreativo di Giovanna e che ha perso la parola dopo aver visto il padre massacrato di botte? Ciascuna di queste figure inverte l’innaturale corso delle cose, tira fuori la città stessa dalle proprie tragedie e dai propri luoghi comuni, oppure riporta il sogno della comunità dello spazio a cui non può far finta di non appartenere. Il cortile e gli spazi chiusi dove si svolgono le attività per i ragazzi del doposcuola (lavori con i colori, con la cartapesta, con i pezzi di vecchie bici da ricomporre) raggruppa le infinite linee narrative di una realtà complessa, dove le ragioni di tutti, anche dei criminali, anche di chi sta dalla parte sbagliata, si confrontano con il diritto all’accoglienza e al conforto rivendicato dalla stessa Giovanna.

 

Quinlan.it. L’ambientazione è la Napoli sottoproletaria, schiacciata dalla prepotenza e dallo strapotere della camorra; l’umanità è alla ricerca di un proprio posto, costretta a fronteggiare logiche di pensiero e di dominio che sembrano essersi immerse a tal punto nella vita di tutti i giorni da non poter essere estraibili in alcun modo.
Se nel suo esordio nel cinema “di finzione” (le categorie quando si ha a che fare con opere simili decadono immediatamente, e dimostrano la loro labile essenza) Di Costanzo aveva ricreato l’ideale del prison-movie ponendo in forma dialettica due ragazzini, l’una prigioniera, l’altro carceriere, ne L’intrusa cerca di rintracciare la medesima istanza narrativa attribuendo un angolo del ring a Giovanna, figlia della Napoli intellettuale che vuole dare il proprio contributo alla lotta contro la camorra, e contro i legacci che tengono avvinti i cittadini spaventandoli e rendendoli muti complici, e dall’altro Maria, giovanissima consorte di un latitante, ricercato per omicidio, che si rifugia nella piccola comunità creata da Giovanna e qui riceve asilo. Una convivenza che poco per volta ma in maniera costante minerà l’armonia del luogo e svelerà le contraddizioni di un pensiero collettivo che reclama la propria diversità rispetto alla connivenza mafiosa e camorrista, ma non sa poi evadere dalle logiche di pensiero su cui le strutture criminali si formano.

 

Filtv.press. Prima, nelle periferie di Napoli, raccoglie confessioni, cronache, testimonianze. Poi le elabora in una sceneggiatura (non c’è niente che non sia scritto, qui dentro). Gira con non professionisti (eccetto Raffaella Giordano, ballerina e coreografa) storie che potrebbero essere la loro, ma non lo sono. Ed è importante. Sceglie la fiction. Lui, uno dei padri dell’attuale nouvelle vague «del reale», un maestro (Prove di stato, A scuola, Odessa, Cadenza d’inganno). Gira con lo stesso sguardo di sempre, come stesse girando un doc, ed è per questo che la scrittura si sente. Risuona. E stride. Se in tanti, tantissimi, oggi producono «cinema del reale», contaminando finzione e documentario, sperimentando sull’auto-messinscena dei protagonisti, portando il racconto a un punto di crisi identitaria, Di Costanzo finisce per scegliere il cinema di fiction come riserva etica. Sceglie la discontinuità. L’utopia, l’isola. È la fiction, L’intrusa. La questione è morale: rifiuta il re-enactment, non chiede di rimettere in scena la propria esistenza, non mette i protagonisti nella possibilità di sfruttare le proprie sventure, nega loro i sogni di Reality di Garrone, sta lontano dalle criticità del cinema di Rosi e Minervini. Sceglie con i suoi interpreti di descrivere un ambiente difficile e racconta con loro una storia esemplare.

 

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