di Ilaria Freccia, Italia, 2020, 83′
con ---
1967-1977: un decennio che ha cambiato la società e l'assetto dell'arte contemporanea, uscita dai musei e dalle gallerie formali per riversarsi in strada, o in spazi alternativi, all'insegna della libertà espressiva. A Torino e a Roma, a Milano e a Napoli, a Venezia e ad Amalfi, l'arte sottolinea le contraddizioni dell'epoca, si unisce alle proteste sindacali e ai movimenti giovanili, e realizza opere concentrandosi non più sull'oggetto ma su azioni e performance che coinvolgono direttamente il pubblico, determinando un impatto sociale pronto a diventare politico. La rivoluzione siamo noi cita Joseph Beuys, uno degli esponenti di spicco di questo nuovo modo di intendere un'arte "fuori dai sistemi vetusti della cultura", per ripercorrere quegli anni ruggenti, tracimanti creatività ed entusiasmo, e convinti di poter cambiare il mondo.
Da Michelangelo Pistoletto a Mario Merz, da Alighiero Boetti a Pino Pascali, da Gino De Dominicis a Luigi Ontani, ma anche Marina Abramovich, Andy Warhol, Jannis Kounellis, Cy Twombly, Carl Andre, Christo, Trisha Brown o Hermann Nitsch, passati dall'Italia in quegli anni in una "internazionalità avventurosa" che azzerava i confini con Europa e America, tutti testimoni - in interviste d'epoca o realizzate ad hoc per il bel documentario di Ilaria Freccia - di una stagione indimenticabile.
Rassegna Beuys senza Beuys 1921 / 2021, un progetto di delleAli teatro.
Al termine del film ne parliamo con Antonello Lello Cassinotti (attore) Giada Balestrini (attrice) e Letizia Buoso (dramaturg / regista) curatori degli appuntamenti in programma, e Annalisa Nali Limonta e Valeria Vale Codara (artiste).
Prenota qui il tuo posto ed eventualmente l'aperitivo.
Note di regia
“Volevamo restituire il sapore di quegli anni attraverso i ricordi dei protagonisti, intervistati oggi, insieme alle testimonianze dell’epoca, per creare così un movimento continuo tra passato e presente. Abbiamo trascorso giorni e giorni negli archivi, per cercare attimi di vita vissuta da riportare alla luce: uno sforzo che ha dato una serie di frutti insperati grazie all’enorme disponibilità di protagonisti e testimoni del tempo, che ci hanno aiutato a restituire una narrazione in diretta di quegli anni. Un’occasione straordinaria di scoprire frammenti di vita quotidiana… in una fusione tra arte e vita che ha reso quegli anni indimenticabili.”
Il manifesto - È costruito su un fil rouge che intreccia saldamente passato e presente e rende incandescente ogni momento, setacciando episodi che sembrano schegge di esperienze ormai archiviate ma che in realtà hanno cambiato il dna del fare arte per sempre. E anche molte esistenze, come ben spiegano Freccia e Pratesi. «Abbiamo trascorso giorni e giorni negli archivi, per cercare attimi di vita vissuta da riportare alla luce: uno sforzo che ha dato una serie di frutti insperati grazie all’enorme disponibilità di protagonisti e testimoni del tempo, che ci hanno aiutato a restituire una narrazione in diretta di quegli anni. Un’occasione straordinaria di scoprire frammenti di vita quotidiana… in una fusione tra arte e vita che ha reso quegli anni indimenticabili».
Il titolo è preso in prestito dall’opera del tedesco Beuys, quella fotografia in cui l’artista-sciamano si dirige verso lo spettatore per convincerlo a unirsi al rivolgimento del mondo a partire da sé. Fu anche il titolo della leggendaria e vulcanica sua prima mostra in Italia, presso la Modern Art Agency di Amelio, nel 1971.
duels.it - Folgorante l’inizio di La rivoluzione siamo noi (Arte in Italia, 1967/1977), da un’idea di Ludovico Pratesi e Ilaria Freccia, diretto dalla stessa Freccia: scritte rosse su sfondo nero dalle quali emerge un Michelangelo Pistoletto b/n che spiega in poche e puntuali parole l’origine dell’arte stessa, il gesto artistico e sociale per antonomasia, quello del primo essere umano che nelle grotte di Lascaux impresse la sua mano sulla parete. Una mano, molteplicità di mani: arte – società – politica.