1908, Torre del Lago. Puccini ebbe una relazione amorosa con Giulia, una cameriera della locanda da lui frequentata e usata come modello per costruire l’eroina dell’opera che stava scrivendo. Ma Elvira, la moglie del maestro, era però convinta che l’amante del marito fosse Doria, la serva di casa. Per la giovane sarà un susseguirsi di ingiurie ed offese difficili da accettare...
Una pagina drammatica che pervase la vita e la musica del Maestro. La figura di Doria Manfredi ispirerà al Maestro il personaggio di Liù della Turandot.
In occasione dell’Anno Pucciniano torna in sala il film nato grazie alle ricerche storiche compiute dagli studenti di Paolo Benvenuti della scuola di cinema Intolerance, e che ricostruisce il dramma di Doria attraverso inquadrature di smagliante bellezza e una purezza di sguardo unica nel nostro cinema.
Giacomo Puccini (1858-1924) è considerato uno dei più grandi maestri della musica di tutti i tempi. Attraverso le sue composizioni, egli ha saputo comunicare la complessità dei fermenti artistici e culturali che hanno segnato il passaggio dal diciannovesimo al ventesimo secolo.
È straordinario pensare che tutto questo accadeva in un piccolissimo borgo della provincia toscana: Torre del Lago. Ed è in questa oasi di straordinaria bellezza che il cinema ha potuto ricostruire l’incanto e il mistero della creazione musicale pucciniana.
L’intento è stato quello di far luce su uno degli episodi più oscuri della biografia pucciniana: il dramma di Doria Manfredi, la sua giovane cameriera morta suicida a Torre del Lago il 29 gennaio del 1909. Suicida, si disse, per amore di lui.
Il film ha una sua particolarità: non vi sono dialoghi. La scelta del “muto” nella costruzione drammaturgica del racconto cinematografico, nasce da motivi di carattere etico ed estetico. Le uniche voci del film leggono, fuori campo, lettere che i personaggi della vicenda si scrivono durante l’evolversi del dramma. Ci è sembrato che la scelta del “muto” fosse l’unico procedimento estetico per raggiungere quel “cinema puro” in grado di esprimere concetti ed emozioni attraverso il solo fluire delle immagini e dei suoni. Questa pellicola intende costruire quindi un dialogo continuo e aperto tra il divenire dell’espressione cinematografica e quella musicale fino al fondersi dei due linguaggi.
Far conoscere oggi questa oscura vicenda - mai rivelata al pubblico - ci sembra la migliore occasione per ricordare, nel 2024, il Maestro Puccini nel centenario della sua morte.
Paolo Benvenuti
“Cogliendo appieno il credo irrinunciabile del Maestro (la grande passione e l'impossibilità di fuggirla), Benvenuti ricostruisce l’ambiente storico in cui si consumò il dramma di Doria attraverso inquadrature di smagliante bellezza”
Marzia Gandolfi, Mymovies.it
“Paolo Benvenuti, con il film Puccini e la fanciulla, cerca di ristabilire la verità ricostruendo un quadro d’epoca preciso e ricco di fascino. La pellicola, di pregevole qualità artistica, conferisce alla giovane, vittima di dicerie calunniose, la dimensione che hanno sullo schermo le eroine di certi film di Dreyer”
Virgilio Fantuzzi, La Civiltà Cattolica
“Un’eleganza formale ed una purezza di sguardo che confermano Benvenuti tra i maggiori registi italiani viventi”
Manuel Billi, Spietati.it
“Pensare un film senza dialoghi per raccontare la vita di un musicista abituato a esprimersi con i suoni più che con le parole. Benvenuti è autore di un film costruito con l’intelligenza delle inquadrature, la scansione dei gesti, l’espressionismo delle ombre e dei suoni che turbinano dal pianoforte nel silenzio delle immagini”
Mario Sesti, Filmtv
“La regia racconta questa storia in modo linearmente perfetto, lavorando le immagini in maniera straordinaria, rinunciando quasi del tutto ai dialoghi in favore dei suoni naturali, la musica e il canto. Un film colto e straordinario che conferma le doti di un cineasta schivo e grande che da anni lavora lontano dalle luci e ai clamori del cinema più becero”
Umberto Rossi, cinemaeteatro.com
“Chi è alla ricerca di un linguaggio cinematografico non convenzionale (ma nemmeno velleitario) dovrebbe cercare di recuperare questa affascinante elegia”
Claudio Zito, ondacinema.it
“Benvenuti, come è tradizione nel suo ricercatissimo cinema, ricostruisce filologicamente sfondi e oggetti, vestiti e mustacchi d’epoca per adagiare i suoi eleganti protagonisti su una scrupolosa e dettagliata ricostruzione storica”
Davide Turrini, Liberazione
“Il film è senza dialoghi ma non muto, anzi frutto di un prezioso lavoro sull’impianto sonoro, per restituire i rumori del tempo. La voce accompagna solo la lettura di alcune lettere. Un film per palati fini”
Michele Anselmi, Il Giornale
“Il melodramma rivela il suo germe rivoluzionario, e il cinema nello sguardo di Benvenuti un momento di grazia sempre più difficile da catturare”
Cristina Piccino, Il Manifesto