Tiburzi

Trama

Nella primavera del 1896, dopo oltre cinque anni di misterioso esilio, il brigante Tiburzi riappare improvvisamente in Maremma, terra che lo aveva visto monarca assoluto per un quarto di secolo. Ma la realtà ora è mutata e lo Stato Sabaudo controlla saldamente quei territori, un tempo selvaggi e insicuri. Alla notizia del suo ritorno, le autorità di polizia si mettono in allarme e inviano sul territorio il massimo esperto italiano di lotta al brigantaggio, il piemontese Michele Giacheri. Assieme ad un suo stretto collaboratore scopre in breve tempo la complessa rete di connivenze e complicità che avevano permesso il regno incontrastato di Tiburzi: erano stati i grandi latifondisti della regione a foraggiare il noto brigante con l’obbiettivo di mantenere col pugno di ferro quell’ordine che lo stato italiano - formatosi nel 1861 - non riusciva a garantire. Inizia quindi un’affannosa caccia all’uomo. Faranno tutti a gara per catturare quell’ingombrante e carismatico protagonista del recente passato della Maremma.

Benvenuti ridà vita al leggendario brigante toscano, un mito popolare che sopravvive ancora oggi tra le genti maremmane: un vecchio solitario fortemente legato alla cultura pagana di quei luoghi, caparbio difensore di un mondo che si sfalda sotto i colpi della “modernità”.

Regia

Paolo Benvenuti

Fotografia

Aldo Di Marcantonio

Cast

Pio Gianelli (Domenico Tiburzi), Ligiano Fioravanti (Luciano Fioravanti), Marcello Bertolomei ( Capitano Giacheri), Stefano Bambini (Tenente Rizzoli)

Genere

Storico / Drammatico

Paese di produzione

Italia

Anno di produzione

1996

Durata

81′

Lingue

Italiano

Premi

Locarno International Film Festival 1996 | Svizzera
International Film Festival Rotterdam 2009 | Italia

Note
di
Regia

Vi è una terra, tra la Toscana e il Lazio, dal nome antico e suggestivo: Maremma, luogo misterioso dalla storia millenaria, con le sue vestigia etrusche, romane, medioevali, gli splendidi paesaggi popolati da butteri, pastori e cavalli. E costellati da stupendi villaggi, a noi giunti intatti da un passato lontano e immersi in un ambiente naturale tra i più affascinanti d’Europa. È in queste terre che, alla fine del secolo scorso, visse uno dei fuorilegge più famosi d’Italia: il leggendario brigante Domenico Tiburzi, un mito popolare che sopravvive ancora oggi tra le genti maremmane. Un vecchio solitario fortemente legato alla cultura pagana di quei luoghi, caparbio difensore di un mondo che si sfalda sotto i colpi della cosiddetta “modernità”.

Paolo Benvenuti

Recensioni

Ci sono storie, microstorie mai raccontate, tramandate grazie alla tradizione “orale”; così come ci sono storie sepolte negli archivi, impolverate e schiacciate da quintali di carta. Sono storie poco note, magari regionalistiche, che mantengono nondimeno un certo alone mitico. Come la storia del brigante Tiburzi, conclusasi alla fine dell’Ottocento, dalle parti di Capalbio.

Ricorda Paolo Benvenuti: «Le due cose che mi affascinano da sempre sono la storia e le tradizioni popolari. Soprattutto la storia non scritta, che non si legge nei libri di storia. Sono portato o per una lettura trasversale della storia o per la storia che non si racconta. Leggo di queste cose e quando inciampo in un episodio che sento visivo, cinematografico, mi ci butto e comincia un’avventura nuova».

La storia del brigante Tiburzi, su cui Paolo Benvenuti ha lavorato per anni, ricostruendone la parabola attraverso un metodo indiziario che lo ha impegnato per un quadriennio, alla ricerca di documenti sparsi e dimenticati tra archivi sonnolenti, ci fa pensare a ciò che Michel Foucault ha chiamato «vite degli uomini infami».

di Rinaldo Censi, tratto da Alberto Morsiani, Serena Agusto, Le maschere della storia. Il cinema di Paolo Benvenuti, Il castoro, 2010

 

Ci sono cose che nel film non sono dette, eppure non sono meno importanti di quelle che sono dette. Ci sono cose che nel film non si vedono, eppure non sono meno importanti di quelle che si vedono. Le cose non dette e quelle non viste sono lasciate all’immaginazione dello spettatore, sono una sfida lanciata dal regista alla sua intelligenza. Il film è costruito come un disegno volutamente incompiuto. Tocca allo spettatore completarlo aggiungendo le parti mancanti. La verità gioca a rimpiattino nascondendosi dietro le apparenze, sempre più o meno ingannevoli, che circondano le cose. Ciò che si vede e ciò che si sente altro non è che un involucro, il cui contenuto si lascia afferrare solo da chi, chiudendo i sensi del corpo, riesce ad aprire quelli della mente.

tratto da Virgilio Fantuzzi, Paolo Benvenuti. Cinque saggi, Titivillus

Materiali
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