di Lee Isaac Chung, Usa, 2020, 115′
con Steven Yeun, Ye-ri Han, Yuh Jung Youn, Alan S. Kim, Noel Cho, Will Patton
David, un bambino di origini coreane, si trasferisce con la famiglia in Arkansas per seguire il sogno del padre Jacob, quello di creare una piccola ditta agricola coltivando frutta e verdura per i coreani immigrati. Siamo negli anni Ottanta e questa scelta, che cambia drasticamente le abitudini di tutta la famiglia Yi, genera incomprensioni, dissapori e una frattura insanabile sembra apparire all’orizzonte quando, con l’arrivo della nonna di David, gli screzi sembrano diventare definitivi e senza soluzioni.
Quinlan.it - Minari si muove su un doppio binario concettuale che vede contrapposti la sfera pubblica con quella privata, in qualche modo legate l’una all’altra, sebbene il film scelga di analizzare con delicatezza le dinamiche più intime della famiglia Yi (o Lee, in quanto traslitterazione del cognome del regista). E non poteva essere diversamente, dato che i presupposti per la storia raccontata in Minari sono squisitamente autobiografici. (...)
Minari, infatti, è un tipo di prezzemolo coreano che attecchisce molto facilmente, tanto che la nonna stessa decide di coltivarlo in una zona lontano da casa. Il minari del titolo, dunque, è l’allegoria di come la famiglia Yi stia lottando per integrarsi in un mondo che non conosce, in cui viene considerata aliena (si pensi alle sequenze in chiesa e alla diffidenza con cui sono trattati per tutto il film, con l’eccezione del matto Paul – uno strepitoso Will Patton).
Il ritmo di Minari, che anche visivamente lavora su uno sguardo segreto, privato, delicato, è un crescendo. È il ritmo della quotidianità, della scoperta, che cresce narrativamente fino all’ultimo atto, quando la tensione drammatica esplode fino a incanalarsi in un unico futuro possibile. Quello in cui la scala di valori assume finalmente una gerarchia chiara, netta. L’amore e il profondo umanesimo di Minari sono l’antidoto migliore al cinismo che vorrebbe il soldo e il successo come uniche chiavi interpretative dell’esistenza.