di Nadine Labaki, Libano, USA, 2018, 120′
con Zain Alrafeea, Yordanos Shifera, Boluwatife Treasure Bankole, Kawsar Al Haddad, Fadi Youssef
Zain è un ragazzino dodicenne appartenente a una famiglia molto numerosa. Facciamo la sua conoscenza in un tribunale di Beirut dove viene condotto in stato di detenzione per un grave reato commesso. Ma ora è lui ad aver chiamato in giudizio i genitori. L'accusa? Averlo messo al mondo.
longtake.it.
Regista, attrice e sceneggiatrice libanese, Nadine Labaki firma un'opera di impegno civile che si addentra tra le numerose problematiche che coinvolgono una popolazione costretta a fare i conti con un carico di sofferenza a tratti disumano. Un film che, attraverso la figura centrale del protagonista, pone il proprio focus tematico su discriminazione, sfruttamento e povertà, con sguardo studiatissimo e spesso accomodante, volto a riscuotere consensi tra chi sia disposto ad accettare un approccio che eccede nell'enfasi tradendo il proprio potenziale neorealista. L'estetica ripulita marca una distanza abissale con quanto si vede sullo schermo, ma i momenti toccanti non mancano (quantomeno nella parte centrale), soprattutto in relazione al coraggio di addentrarsi nelle pieghe di un dramma dai tratti universali. Un film che vive di stridenti contrasti, forte nei contenuti ma troppo spesso mirato a ricercare la commozione in maniera meccanica e ricattatoria, sorretto da una regia controllatissima che si concede soluzioni da grande produzione hollywoodiana. Nella parte conclusiva la retorica prende il sopravvento e alcune scelte stilistiche possono anche irritare. Recitato in gran parte da attori non professionisti. Presentato in concorso al Festival di Cannes dove ha vinto il Premio della giuria.
mymovies.it. Per chi non lo ricordasse, il termine cafarnao definisce un luogo pieno di confusione e disordine e tale era la lavagna su cui la regista scriveva i temi che intendeva trattare nel suo film da fare. L'infanzia maltrattata, i migranti, il ruolo genitoriale, i confini tra gli stati, la necessità di avere dei documenti sei si vuole essere considerati come esseri umani a cui si possa dedicare attenzione, la Dichiarazione dei Diritti dei bambini.
Da tutti questi elementi è scaturito un film che sembra aver fatto propria la lezione dei Derdenne portandola però alle estreme conseguenze. A partire della scelta degli attori ognuno dei quali, dal più piccolo agli adulti, ha subito nella propria esistenza i colpi avversi di una esclusione sociale. Questa però non vuole essere una cattura del consenso legata al vissuto degli interpreti. Perché Labaki ha saputo trarre dal cafarnao dei temi e dalle vite vissute un film che ci obbliga a confrontarci con gli argomenti trattati obbligandoci costantemente a porci domande.